Archive for marzo 2012

Beauty On The Beach

Andare al mare di lunedì, a parte la goduria del dedicarsi fin dal mattino a una lenta ma inesorabile sbronza a base di spritz bianchi ghiacciati, da far giungere al climax – con conseguente ronfata all’ombra – entro le quattro, quattroemezza del pomeriggio, pensando a chi nel frattempo è chiuso in ufficio, andare al mare di lunedì, dicevo, risulta appagante soprattutto per un motivo. E’ la giornata di chiusura dei negozi-bene del centro, posticini tanto carini che vendono cosine e cosette tanto carucce. Le commesse-bene dei quali, alla costante ricerca del look zoccola-chic perfetto, approfittano in massa del tempo libero per calare sulle spiagge cittadine ad abbronzarsi, finalmente liberate dalla lunga schiavitù invernale dei centri estetici, delle lampade UVA, e delle vasche al chiuso nei centri commerciali per esibire gli stivali nuovi. Risultato: fauna del litorale quasi integralmente composta da nutritissimi branchi di fighe-fighette-figone, quando non turbofighe, tutte accomunate da un grado di cretineria, conformismo e civetteria inversamente proporzionale alle dimensioni del tanga. Un paradiso del testosterone, insomma.

Messe a verbale le succitate attenuanti, Vostro Onore, spero sarà più comprensibile alla giuria il mio piacevole e prolungato sostare svaccato sul telo da bagno, e il mio interessato scandagliare i dintorni, con il radar tarato sull’allarme rapido in caso di avvistamento gnocca. Certo, mi rendo conto che andrebbero considerate circostanze aggravanti il fatto che l’asciugamanone recasse l’effige di una foglia di marijuana, che io indossassi clamorosi boxer hawaiani lunghi al ginocchio, l’essere ubriaco come un visigoto, e la vaga luce nello sguardo, tipo stupratore seriale, opportunamente nascosta dai wayfarer d’ordinanza. Ma vabbè, di questi tempi la clemenza della corte non si nega a nessuno.

Comunque.
Nonostante le evoluzioni delle squadriglie perizomate, che sciamavano in formazione d’attacco. Nonostante il torpore indotto dagli innumerevoli drink. 
Nonostante tutto, l’ho notata.

Bizzarro il fatto che, anche se non era niente male, almeno secondo canoni che non includano le cubiste come standard minimo, non mi avesse colpito l’aspetto fisico.  Anzi, a dire il vero un po’ sì, ma in effetti ho apprezzato il suo modo di portare il bikini con grazia, senza ostentazione, e senza cercare di assomigliare a una velina in vacanza, solo in un secondo momento. La prima cosa che ho visto è stato il cappello di paglia a tesa larga, e ho pensato che era deliziosamente fuori moda. Subito dopo, mi è piaciuta l’evidenza che non lo portasse come semplice accessorio, ma con uno scopo preciso: fare ombra sulle pagine del libro che stava leggendo.

Ebbene sì: aveva meno di trent’anni, era carina, indossava un costume da bagno normale, aveva un simpatico e buffo cappello di paglia, e stava leggendo un libro. In mezzo a stormi di gallinelle dalla chiappa facile, attaccate al cellulare, in perenne e frustrato tentativo di imitazione dell’immaginario da rivista di gossip, spiccava come se avesse avuto un faro puntato addosso. Ai miei occhi, almeno. Poi, osservando meglio la copertina rosa, che mi sembrava di riconoscere, ho realizzato che le pagine bisognose di ombra per essere gustate con calma – una ogni quattro/cinque minuti buoni, altra cosa che mi aggrada – erano quelle di “Danubio”, Claudio Magris, Garzanti, seconda edizione. Apriti cielo.

Non mi sono innamorato all’istante solo perché riflettendoci, alla fin fine, essere tanto stupiti da una ragazza normalissima, poco appariscente, e – a giudicare dalle scelte di lettura – dotata di un minimo di discernimento intellettuale, come fosse un fenomeno, non è altro che un gran brutto segnale riguardo a questi tempi barbari. Ma finchè esisteranno persone giovani che avranno voglia di portarsi in spiaggia un capolavoro di saggio morale sulla mitteleuropa, piuttosto che ScandaliVip, cazzo, forse c’è speranza.

Pensiero del giorno: “Sei come ti ricordo nei miei sogni”
(Anakin Skywalker, “Attack Of The Clones”, 2002)

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Time Machine

Beh, è una vergogna. Tra un post e l'altro, tredici mesi, un cambio forzato di host, mezza Europa in default, un governo impresentabile scaraventato nel cesso, l'Udinese che domina la serie A ma solo per un po', Natalie Portman che si concede una scena di nudo e/o di gran bel sesso praticamente a ogni film, Internet che ormai è degenerata in un delirio simile a un fast-food della comunicazione, e io che mi sento come l'astronauta del paradosso dello spazio-tempo di Einstein, intendo il gemello che è stato sparato via a velocità luce e che comprensibilmente quando torna è parecchio stranito, oltre che più giovane di qualche anno, insomma, è una vergogna, e tra l'altro ritengo deliziosamente snob rimettersi a scrivere su un blog di vecchio (anzi, antico) stampo, e in culo ai 140 caratteri e ai #cancelletti, che solo per trovare il tasto Alt Gr ci metto sempre una vita e diverse bestemmie, e se mi leggono in tre al mese meglio, e magari trovassi uno script che rende queste pagine illeggibili sugli smartphone e i tablet, tipo che o ti siedi con calma davanti a uno schermo e mi leggi oppure vaffanculo anche tu, eccetera eccetera.
A prestissimo su questi (non portatili) schermi.

Pensiero del giorno: “Il solo pensiero di perdervi mi è intollerabile”
(Darth Sidious, “Attack Of The Clones”, 2002)

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