Andare al mare di lunedì, a parte la
goduria del dedicarsi fin dal mattino a una lenta ma inesorabile sbronza a base
di spritz bianchi ghiacciati, da far giungere al climax – con conseguente
ronfata all’ombra – entro le quattro, quattroemezza del pomeriggio, pensando a
chi nel frattempo è chiuso in ufficio, andare al mare di lunedì, dicevo,
risulta appagante soprattutto per un motivo. E’ la giornata di chiusura dei
negozi-bene del centro, posticini tanto carini che vendono cosine e cosette
tanto carucce. Le commesse-bene dei quali, alla costante ricerca del look
zoccola-chic perfetto, approfittano in massa del tempo libero per calare sulle
spiagge cittadine ad abbronzarsi, finalmente liberate dalla lunga schiavitù
invernale dei centri estetici, delle lampade UVA, e delle vasche al chiuso nei
centri commerciali per esibire gli stivali nuovi. Risultato: fauna del litorale
quasi integralmente composta da nutritissimi branchi di fighe-fighette-figone,
quando non turbofighe, tutte accomunate da un grado di cretineria, conformismo
e civetteria inversamente proporzionale alle dimensioni del tanga. Un paradiso
del testosterone, insomma.
Messe a verbale le succitate attenuanti,
Vostro Onore, spero sarà più comprensibile alla giuria il mio piacevole e
prolungato sostare svaccato sul telo da bagno, e il mio interessato
scandagliare i dintorni, con il radar tarato sull’allarme rapido in caso di
avvistamento gnocca. Certo, mi rendo conto che andrebbero considerate
circostanze aggravanti il fatto che l’asciugamanone recasse l’effige di una
foglia di marijuana, che io indossassi clamorosi boxer hawaiani lunghi al
ginocchio, l’essere ubriaco come un visigoto, e la vaga luce nello sguardo,
tipo stupratore seriale, opportunamente nascosta dai wayfarer d’ordinanza. Ma
vabbè, di questi tempi la clemenza della corte non si nega a nessuno.
Comunque.
Nonostante le evoluzioni delle squadriglie perizomate, che sciamavano in formazione d’attacco. Nonostante il torpore indotto dagli innumerevoli drink.
Nonostante le evoluzioni delle squadriglie perizomate, che sciamavano in formazione d’attacco. Nonostante il torpore indotto dagli innumerevoli drink.
Nonostante
tutto, l’ho notata.
Bizzarro il fatto che, anche se non era niente male, almeno secondo canoni che non includano le cubiste come standard minimo, non mi avesse colpito l’aspetto fisico. Anzi, a dire il vero un po’ sì, ma in effetti ho apprezzato il suo modo di portare il bikini con grazia, senza ostentazione, e senza cercare di assomigliare a una velina in vacanza, solo in un secondo momento. La prima cosa che ho visto è stato il cappello di paglia a tesa larga, e ho pensato che era deliziosamente fuori moda. Subito dopo, mi è piaciuta l’evidenza che non lo portasse come semplice accessorio, ma con uno scopo preciso: fare ombra sulle pagine del libro che stava leggendo.
Ebbene sì: aveva meno di trent’anni, era carina, indossava un costume da bagno normale, aveva un simpatico e buffo cappello di paglia, e stava leggendo un libro. In mezzo a stormi di gallinelle dalla chiappa facile, attaccate al cellulare, in perenne e frustrato tentativo di imitazione dell’immaginario da rivista di gossip, spiccava come se avesse avuto un faro puntato addosso. Ai miei occhi, almeno. Poi, osservando meglio la copertina rosa, che mi sembrava di riconoscere, ho realizzato che le pagine bisognose di ombra per essere gustate con calma – una ogni quattro/cinque minuti buoni, altra cosa che mi aggrada – erano quelle di “Danubio”, Claudio Magris, Garzanti, seconda edizione. Apriti cielo.
Non mi sono innamorato all’istante solo
perché riflettendoci, alla fin fine, essere tanto stupiti da una ragazza
normalissima, poco appariscente, e – a giudicare dalle scelte di lettura –
dotata di un minimo di discernimento intellettuale, come fosse un fenomeno, non
è altro che un gran brutto segnale riguardo a questi tempi barbari. Ma finchè
esisteranno persone giovani che avranno voglia di portarsi in spiaggia un
capolavoro di saggio morale sulla mitteleuropa, piuttosto che ScandaliVip,
cazzo, forse c’è speranza.
Pensiero del giorno: “Sei come ti ricordo
nei miei sogni”
(Anakin
Skywalker, “Attack Of The Clones”, 2002)