Archive for 2009

Babyphobic


Due mesi di lavoro in zona turistica, infestata da kinderheim, famigliole vacanziere con prole al seguito, e colonie affollate come discoteche di Ibiza. Due mesi, per la Forza. Non avendone potuto fare a pezzi con la motosega nemmeno uno, perché li contavano la sera, accidenti, rivendico il diritto di gridare alla Grande Rete sei motivi per cui odio i bambini:

1) Sono brutti. Punto. Delle persone rimpicciolite, però senza rispettare le proporzioni: in particolare, le testolone enormi rispetto al corpo mi fanno impressione. Da neonati, poi, sono autentici mostri.

2) Sbavano, puzzano, hanno continuamente fame, e soprattutto urlano senza mai smettere. Oppure corrono, facendo danni ovunque. Oppure piangono, a volume insopportabile. Oppure tutte queste cose contemporaneamente.

3) Prima di venire a rompere i coglioni in questo mondo, trasformano meravigliose fanciulle, nel fiore dei loro anni, in matrone obese e grottesche, ingorde e sgraziate. “Luce di felicità nello sguardo” e “bellezza radiosa” un paio di palle.

4) Dopo essere venuti a rompere i coglioni in questo mondo, non restituiscono alla vita e agli affetti le fanciulle disastrate di cui sopra. Anzi, le rendono intrattabili, ansiogene, umorali e spesso depresse. E col cazzo che dimagriscono.

5) I responsabili indiretti di tanto orrore, ossia gli inseminatori maschi, sembrano non accorgersi dello scempio, anzi gigioneggiano cinguettando di felicità e appagamento genetico. I pochi che, a mio avviso giustamente, scappano gridando di paura e schifo, vengono additati come egoisti malvagi e insensibili.

6) Probabilmente, se e quando toccherà a me, cinguetterò di felicità e appagamento genetico anch’io, non prima di essermi infilato nel culo lucidità, obiettività e senso critico. E questa è la cosa che mi fa incazzare di più. Per cui, mi sfogo adesso.

Voglio San Erode festa nazionale sul calendario, porca puttana.

Pensiero del giorno: “Avrà tutto il nostro amore”
(Bail Organa, “Revenge Of The Sith”, 2005)

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Guest Star


A gentile proposta di amica-di-penna, gradevole e stimolante (sia l’amica, per quanto virtuale, sia la penna, decisamente ottima), ho accondisceso con gioia, potendomi alfine enumerare tra le fila degli scambisti di post. Web-perversione che, nonostante la mia passione per la modellizzazione e per il dare schematicità all’osservazione dei comportamenti umani, non avevo mai considerato, forse ritenendola impraticabile (ah, l’ingenuità virginale dei primi tempi di blog) financo per un libertino come me.
Anyway: coloro che inciampassero in questa pagina si ritengano invitati qui, nel caso gradissero trovare qualcosa di mio. E se non vi si fossero mai recati (oh my God), che pongano immediato rimedio a tale mancanza, dandosi alla lettura da capo a coda di uno dei blog più piacevoli della rete.

EDIT (e pure di corsa, che le partenze dell'ultimo momento sono vicende incasinate assai: codesto blogguccio, invece, si aggiorna a settembre. Aloha a todos, giovani Jedi)

Pensiero del giorno: “Useremo un mezzo più ingegnoso, questa volta”
(Jango Fett, “Attack Of The Clones”, 2002)

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Street freaks


Cammini davanti a me, ciabattando con le infradito. Mi ricordi qualcuna, in effetti. Non so chi sia più chiappona tra te e tua madre, che ti sta di fianco, ma la conformazione a pera non ha impedito a entrambe di indossare atroci e sbrilluccicanti jeans a vita ultrabassa. Per far risaltare meglio i rotoli di abbronzantissima ciccia, immagino, nonché il tatuaggio tribale sul fondo della schiena di mammina. Vi avevo notate all’edicola. Ti eri fatta comprare “Star TV”, sulla copertina del quale campeggiavano tette e culi catodici, palpeggiati a piene mani da calciatori analfabeti. Mi domando, a parte l’ovvio vantaggio costituito dalla prevalenza delle immagini rispetto al testo scritto, cosa ci trovi di interessante in quella rivista. Avere fantasie adolescenziali su un centrocampista tarchiatello e butterato mi pare incomprensibile. Più probabilmente, chiusa nella tua cameretta piena di poster di vampiri froci, passerai il tempo a cercare con la lente di ingrandimento qualche traccia di cellulite tra un perizoma e l’altro, giusto per la soddisfazione di poter pensare che anche se le invidi tutte tanto, ma tanto, ma tanto, non sono perfette neanche le fichette della televisione. Poi arriva quello che suppongo sia il papi (ahahah), tipo lampadato e arrogante, sui quarant’anni, con le meches, due orecchini, gli occhiali da tronista, e una signora trippa ben evidenziata dalla maglietta aderente, che reca sulla schiena una dichiarazione a cui mi sento di credere senza problemi: “de puta madre”. Si, lo so, è una marca di abbigliamento fescion ormai pure passata di moda, ed è un modo di dire che non va tradotto alla lettera, ma mi fa sempre ridere, è più forte di me. Vi guardo andare via, insieme, mentre parlate tutti e tre al telefonino, voce altissima, e gesticolare sguaiato a sottolineare chissà che incazzatura di soldi lui, chissà che incredibile svendita di borsette lei, e chissà che inaspettata trombata di vip tu.

Pensiero del giorno: “Se non verranno eliminati tutti sarà guerra civile”
(Darth Sidious, “Revenge Of The Sith”, 2005)

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Talking heads - II


“No, perché poi è ovvio che la gente si rompe il cazzo, e alle elezioni vincono i razzisti. Hai visto cosa è venuto fuori in mezza europa? Son cose da rifletterci, ma tanto”
“Tanto, proprio”
“Che sarebbe pure semplice: arrivi qui a lavorare, ti metti in regola, paghi le tasse, cristodiuncristo, e ti faccio anche votare, allora. I diritti non si toccano, ci mancherebbe, siamo nel 2009, ma se non rispetti le mie leggi, calci in culo, e non c’entra niente di che colore sei e da dove vieni. Patti chiari, amicizia lunga”
“Vero”
“E magari, qualche tutela in più per gli italiani che hanno paura di perdere il posto, non solo le ronde e le pistole ai vigili, e vedi che l’integrazione si fa da sè, noi come popolo storicamente abbiamo sempre avuto la porta di casa aperta a tutti”
“A proposito, hai poi concluso la ristrutturazione da te?”
“Quasi, stanno finendo il bagno”
“Bravo, eh, il serbo che ti ho mandato”
“Bravissimo. Lavoro perfetto, tutto in nero, mi viene la metà”

Pensiero del giorno: “Io vedo oltre le bugie dei Jedi”
(Anakin Skywalker, “Revenge Of The Sith”, 2005)

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Talking heads


“Incredibile. A che cazzo di punto siamo arrivati, dico. Cioè, la decenza, la moralità, tutto in vacca”
“Eh”
“No, perché ormai, col vecchio puttaniere che ci governa, si è sdoganata qualunque schifezza”
“Già”
“Che poi io sarei anche di destra, insomma, e i discorsi sulle tasse li capisco, rompono i coglioni pure a me, e gli albanesi e i rumeni sono pericolosi eccome, non raccontiamoci storie. Ma le ammucchiate con i troioni per gli ospiti di stato, oh, diobono, è roba da dittatore africano. E la tipa, lì, ma come si fa, ha diciotto anni, da non credere”
“Da non credere, sì”
“Bel culo, però. Ho visto le foto su internet”
“Fotoscioppato”
“Sul serio?”
“Lo ha detto il fotografo”
“Merda, che mondo di merda. Capisci che non si può andare avanti così?”

Pensiero del giorno: “E’ del tutto normale”
(Darth Sidious, “Revenge Of The Sith”, 2005)

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Four paw angels


Ok, adesso è finita. Le prime pagine hanno ripreso a essere infestate dalla consueta fogna politica. Seppellito chi c’era da seppellire, arrivederci alla prossima. Che da qualche parte ci sarà, brutta come questa, entro 5-10 annetti al massimo. E’ sempre stato così, la geologia non è un’opinione. Ma siccome non sarà cambiato nulla, avremo un bel disastro evitabile nuovo di zecca, su cui probabilmente si divertiranno a scannarsi le solite facce da cazzo che hanno sbraitato le loro seriose e contrite stronzate in questi giorni. Da terremotato del 1976 quale sono, e se l’hai vissuto sulla tua pelle ti rimane dentro per sempre, un pensiero “a bocce ferme” lo voglio dedicare. A chi davvero ha fatto tanto senza secondi fini. E sì, anche ai bipedi che hanno lavorato con loro.



Pensiero del giorno: “Questo non basterà, signore”
(Rune Haako, “The Phantom Menace”, 1999)

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Random morning thinking


Caffè triplo in tazza grande. Due cucchiaini di zucchero. Mescolo, in senso orario. Non so perché, ma sono convinto che si sciolga meglio. Mentre aspetto che si fermi il piccolo gorgo che ho provocato, ascolto i rumori del palazzo che si sveglia. Beh, palazzo: quattro piani, del 1814, non particolarmente ben messi. Edilizia popolare austro-ungarica, pochi fronzoli, tanta pietra e travi solide, della quale occupo la mansarda. Ci sto bene, anche se il tetto spiovente ruba molto spazio, ma non sopporto le case “normali”. Quelle con le stanze quadrate, i soffitti a due e quaranta, finestre banalmente simmetriche e disposizione standard tipo atrio-soggiorno-cucina-camera-servizi. Qui è tutto storto e irregolare, c’è tanto legno, nessuna parete divisoria, e l’unica porta è quella del bagno. Mi piace.

Il piccoletto scodinzola freneticamente in direzione dell’ingresso, perché sente la vicina che sta andando al lavoro, ne riconosce i passi, e la saluta così. Il fatto che lei non possa vederlo non rende la cosa meno importante per lui, lo fa ogni giorno. Sorrido, pensando all’ironia del fatto che la mia simpatica dirimpettaia mi racconta spesso di quante teste di minchia arriviste e false ci siano nel suo ufficio, gente che le fa i sorrisoni e le moine finte, mentre cercano di fotterla appena possibile. Una volta o l’altra devo dirle che c’è almeno qualcuno che le dà il buongiorno più sincero e disinteressato del mondo, tutte le mattine.

Nella tazza, intanto, la situazione è ritornata alla calma piatta, e posso procedere al primo varo. Oggi tocca alle campagnole, che apprezzo molto, ma che necessitano di grande attenzione e perizia per essere battezzate a regola d’arte. Inzuppare i biscotti non è un’operazione da gestire con superficialità: va ottenuto lo stato di grazia della consistenza che si colloca esattamente un attimo prima dello spappolamento completo, quando il caffè è stato assorbito dalla quasi totalità dell’impasto, ma non è ancora giunto a comprometterne la coesione. Troppo poco, croccantezza eccessiva. Troppo, melma da cercare disperatamente sul fondo. Per niente facile. Con le macine sono bravi tutti, ma grazie al cazzo, quelle sono state progettate da un ingegnere navale. Le campagnole, invece, nonostante la struttura massiccia, affondano in tre secondi, peggio del Titanic, e il segreto per non farsele sfuggire è tenere il cucchiaino sotto, pronto al tempestivo sollevamento. Questione di attimi, ma beccando l’istante giusto la soddisfazione è assicurata.

Prima o poi scriverò un trattatello sul galleggiamento comparato dei prodotti del Mulino Bianco, con grafici e percentuali, modellizzando parametri come la permeabilità al caffè, la resistenza a sollecitazioni trasversali quali il mescolamento, la maggiore o minore simmetria dell’inabissamento e la raccoglibilità dei frammenti nella tazza in caso di naufragio. Chissà, magari mi assumono come beta tester.

Pensiero del giorno: “Sono pronto ad affrontare le prove”
(Obi-Wan Kenobi, “The Phantom Menace”, 1999)

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Help me if you can (I'm feeling down)


Un sabato qualunque di marzo. Aperitivo lungo, ma non selvaggio per fortuna, con Amica-Coetanea-In-Crisi (nonché Antica-Scopata-Piacevole-Al-Ricordo). Si siedono con noi, ai lati del tavolino, la sua Sindrome Premestruale e il suo Orologio Biologico. Situazione potenzialmente ai limiti della tragedia elisabettiana. Nessuna via di fuga. Cerco di nascondermi dietro una birra media, e confido nelle proprietà psicoattive delle patatine e delle olivette.  Fiducia malriposta.


Amica Coetanea (dopo un’ora di monologo sulle nefandezze del suo ex): “… e così, insomma. Cioè, capisci?”
77: “Eh. Però. Ma sei convinta che sia davvero solo colp…”
Sindrome Premestruale: “Non mettertici anche tu! SIETE TUTTI UGUALI!!!”
77: “Veramente io non…”
Amica Coetanea & Sindrome Premestruale (in coro): “TI RENDI CONTO CHE TRA UN PO’ HO QUARANT’ANNI?”
Orologio Biologico (sorridendo): “Tic-tac, tic-tac, tic-tac”
77 (sospirando): “Signorina, una caraffa di spritz con l’aperol, per favore.”

Pensiero del giorno: “Brutto idiota, presuntuoso, strapezzente e cafone!”
(Leia Organa, “The Empire Strikes Back”, 1980)

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Italian Obama vs. Miss Michigan Outstanding Teen

“Il mio sogno è la pace nel mondo!”
“Dobbiamo aiutare i bambini che muoiono di fame!”
“Mi piace andare al cinema e ascoltare musica!”
“Ci sono troppe ingiustizie!”

“Bisogna investire sui giovani!”
“Far crescere i propri sogni è possibile!”
“Ricuciremo insieme i fili dell’entusiasmo!”
“Ci vuole un cambio di mentalità!”
No, sul serio. Largo alle nuove generazioni che avanzano. La sinistra guarda al futuro, gente, mica cazzi.  Questo fa i programmi e le campagne su youtube, oh. Producendosi nelle perle di cui sopra. Si presentassero contro, alle primarie del Partito Defunto, voterei lei. Almeno ha quindici anni, e il diritto di sparare quante sequenze di stronzate banali vuole. Poi, tolto l’apparecchio e cresciute le tette, una luminosa carriera come star di Girls Gone Wild nella categoria Wet T-Shirt non gliela leva nessuno. Attività assai più interessante di qualunque azione politica di quei poveracci.

Pensiero del giorno:“La Repubblica ha bisogno di te”
(Anakin Skywalker, “Attack Of The Clones”, 2002)

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Flatmate


Nell’immagine di lato potete ammirare il mio compagno di appartamento. Sta con me da un anno. Era un cucciolo, adesso è un giovanotto, diciamo che a occhio e croce ha appena finito l’adolescenza. E’ un casinista micidiale. Ed è uno degli esseri più simpatici, vivaci ed entusiasti della vita che abbia mai visto. Sotto questo aspetto, c’è veramente molto da imparare. Affrontare qualunque cosa o situazione con una gioia totale e un ottimismo incrollabile non è semplice, nemmeno a livello teorico. Vederlo fare davvero, quotidianamente, colpisce e fa riflettere. Gli piace tutto: la gente, gli altri cani, pisciare in giro, andare in macchina, i gatti, i piccioni, mangiare biscotti, correre, dormire, svegliarsi, grattarsi, annusare schifezze, e altre diecimila cose circa. Scodinzola sempre. Lecca la faccia (o il muso) a chiunque (persona o animale) glielo permette – o si distrae un attimo mentre è a tiro.

Piove, si sta a casa svaccati sul divano? Figata!
C’è il sole, andiamo al mare? Evviva!
Giochiamo con la pallina? E’ la mia cosa preferita!
Arriva la pizza? Grande, posso abbaiare al campanello!
Cuciniamo? Uau, cade sempre per terra qualcosa di goloso!
Andiamo a nanna? Siii, adoro la mia cuccia!
Ci alziamo? Che bello, è di nuovo mattina!
Si fa colazione? Cazzo, ma tu mi leggi nel pensiero!

E avanti così, giorno dopo giorno. Pian piano, ti accorgi dell’enorme regalo, disinteressato, che ti viene fatto da otto chili scarsi di bestiolina. Per la quale chi tu sia non ha la minima importanza. Ti adora comunque. Soprattutto, ti insegna a “godere delle piccole cose”: che è un luogo comune abusato, certo, ma nel momento in cui qualcuno si ribalta dalla felicità, in senso letterale, perché gli hai dato un legnetto da mordere, il concetto assume una connotazione molto tangibile. A livello generale, noi bipedi usciamo piuttosto male da un confronto in termini di capacità di donare affetto e fiducia incondizionati.

Quest’anno, per la prima volta, la mia beneficenza natalizia ha cambiato indirizzo. Ho pochi soldi, ma 100 euro ogni volta li davo, tra associazioni, fondi per la ricerca, cose così. Stavolta, sono andato al canile municipale, e li ho trasformati in crocchette. Che gli uomini si fottano, per quanto mi riguarda.

Pensiero del giorno: “Niente male, per una palletta di pelo”
(Han Solo, “Return Of The Jedi”, 1983)

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Balkan Town rules


E’ gente sui quarant’anni e oltre, per lo più. Gente dura, che ne ha viste di tutti i colori. Ce ne sono anche di giovani e giovanissimi, ma finita la giornata di lavoro difficilmente si fermano in zona. Il quartiere dove vivo – rione, come dicono qui – è stato soprannominato, recentemente, “balkan town”, per la presenza di una numerosa comunità serba. Muratori, impiantisti, piastrellisti, idraulici. Bravissimi, dicono. Si riuniscono all’alba in piazza, passano i caporali con i furgoni, e via in giro per i cantieri edili di mezza Trieste. Col tempo molti si sono stabiliti qui definitivamente, le condizioni di lavoro sono anche migliorate, spesso si mettono in regola, e in proprio. L’abitudine di ritrovarsi nei soliti bar resiste. Qualche volta eccedono, come dire, con la piva e la rakija, e ci scappa la scazzottata. Sempre fra di loro, e di cose gravi – o che coinvolgessero altri – non ne sono mai successe.

Ne conosco alcuni, perché passo regolarmente nei dintorni di questi locali, e quando alle due di mattina vieni apostrofato da un armadio urlante, allegrissimo, espansivo e ubriaco come un unno, che ti offre una birra da mezzo, non puoi dire di no. Così, fermati una volta, fermati un’altra, un po’ entri in confidenza. Parlano tutti un italiano irresistibile, identico a quello di Vujadin Boškov (eroe nazionale) e non mi dispiace per niente fare quattro chiacchiere ogni tanto. Motivo di vanto personale, poi, è stato il conquistarmi sul campo una solida fama di robusto bevitore, nonché esperto di calcio. Mica poco, eh. Quasi sempre, passato un certo orario, le serrande dei bar calano per tre quarti, e dentro si fuma liberamente. Tanto. Con una predilezione per sigarette che farebbero indietreggiare un diavolo dell’inferno. Una volta ho commesso l’errore di tirare fuori le mie diana blu, e mi hanno chiesto se ero ammalato, perché robetta simile si fuma in ospedale, al limite.

L’altra sera avevo appena finito di raccontare di una vecchia intervista a Siniša Mihajlović (nella quale il famoso specialista dei calci piazzati affermò: “Quando giocavo in Crvena Zvezda, e arbitro fischiava punizione, gente su spalti già si abbracciava”), ottenendo risate, pacche sulle spalle, un doppio Slivovitz e un accenno di coro ultras.
Dragoslav, omone di solito assai taciturno, di cui sapevo che era stato, in prima linea, in Bosnia, e che era uno a cui stare veramente attenti, leggeva il giornale in disparte. Non mi aveva mai parlato direttamente. Quella volta mi guarda, e mi dice: “Ho letto che fascisti gira in città. Denunciano stranieri. Tu hai visto loro?”
“No”, ho azzardato io, “ma penso che sia una situazione di merda”.
“Io anche non ho visto loro. Meglio che non vedo. Perché se vedo, so cosa io faccio”.

Io non lo so, cosa sarebbe capace di fare un ex criminale di guerra serbo grosso e incazzato. Ma sarebbe interessante se qualche bulletto locale lo scoprisse.

Pensiero del giorno: “Sono buoni lavoratori, e ti serviranno bene”
(Luke Skywalker, “Return Of The Jedi”, 1983)

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Nightmare after Christmas


“Un corpo di 100 volontari, tutti cittadini italiani, esperti di arti marziali o ex appartenenti a forze armate o corpi di polizia. [...] Intitolato a Ettore Muti.”

“Derattizzare dai rom alcuni bar della periferia”

“In tenuta militare dalla testa ai piedi”

“Siamo di sana, robusta e padana costituzione”

“In questa città ci vogliono ordine e disciplina”

“Il controllo del territorio è anche un atto di identità politica”

Giuro, non mi sono inventato niente. E’ cronaca della piccola città in cui vivo. Fonti: Il Piccolo, Panorama. Il rispetto dovuto a dei roditori che non fanno nulla di male mi impedisce di definirli topi di fogna. Si accettano suggerimenti.

Pensiero del giorno: “Voglio che questo fango essiccato non mi compaia mai più davanti”
(Darth Sidious, “The Phantom Menace”, 1999)

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C'mon, punk


Interessante. Soprattutto sbirri in pensione, quindi. Oppure sbirri divenuti ex per qualunque motivo, dimissioni per essere stati coinvolti in qualche casino poco chiaro comprese, immagino. Ah bene. Una delle cose che accomuna tutti coloro che hanno fatto parte delle forze dell’ordine è avere il porto d’armi, per chi non lo sapesse. E mi vogliono far credere che questi allegri Callahan de’ noantri resisteranno, senza eccezioni, dal primo all’ultimo, alla tentazione di infilarsi la beretta sotto il giubbotto? Con discrezione, oh, senza farsi vedere.  Ma sai mai che può capitare, là fuori, eccazzo, la pistola ce l’ho per cosa? Stiamo parlando di gente convinta e testa di minchia a sufficienza per avere la tessera della lega, oltre alla voglia di fare lo sceriffo notturno.

E aspetto proprio di vedere quello che succederà, quando dopo aver frantumato i coglioni a qualche barbone e a qualche clandestino che vende accendini, troveranno quello del formaggio. Perché the man of the cheese lo incontrano tutti, prima o poi. Non so, magari uno che sembra un vagabondo, e invece è uno spacciatore armato e poco incline a farsi rompere il cazzo da quattro imbecilli con le pettorine gialle. Che non agiscono secondo le rigorose procedure di sicurezza per se stessi e per gli altri seguite da quelli che hanno le divise vere. Uh-uh, non vedo l’ora.

Pensiero del giorno: “Beh, questo vuol dire meno discussioni e più azione”
(Anakin Skywalker, “Revenge Of The Sith”, 2005)

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Dead Or Alive (you spin me right round, baby)


Eddunque, tanto per cominciare: di cosa si è strepitato recentemente? Ma certo, lo so, era una domanda retorica. La povera disgraziata seppellita qualche giorno fa a Paluzza, da queste parti. Finito da un po’ l’orgasmo opinionistico globale, finalmente i pesciolini si sono dati una calmata. Beh, francamente, il fatto che la sera in cui lo psicodramma etico-morale-politico-religioso è giunto al capolinea, il grande fratello abbia fatto il boom di ascolti, è stato uno dei pochi momenti nei quali ho percepito una certa affinità con la maggioranza degli idioti che coabitano con me in questo paese. Perché non me ne fregava un cazzo. Avrebbe dovuto? Una notte qualunque, nel ’92, una ragazza qualunque si schianta in macchina, alle tre e mezza, tornando da una festa. E come succede a una marea di giovani imbecilli ogni sabato sera, ci rimane secca. Anzi no, non proprio, la annaffiano come un ficus per un po’ di anni, ma alla fine – per lei - è lo stesso. Il resto è stato un baraccone inguardabile e indigeribile, da qualunque punto di vista.

Tanto casino, per cosa? Ho qualche amico – medici, infermieri - che lavora al pronto soccorso, e ne raccolgono col cucchiaino parecchi al mese solo qui: altrochè “staccare la spina”, o il sondino, o quello che è, alla maggior parte dei “codici rossi” che si ritrovano in determinate condizioni la spina non la attaccano nemmeno. Dopo essersi consultati, in privato e in forma ufficiosa, con le famiglie (ma non sempre). E sono cose che si sanno, eccome. Stesso discorso per molti malati terminali. Vicenda banale e comunissima nella sua tristezza, quindi. Ma per una serie di circostanze, principalmente un vuoto normativo di cui tutti si sono accorti solo adesso (pensa un po’, eh?), ne è nata una delle peggiori esibizioni nazionali di arretratezza culturale e sciacallaggio mediatico che abbia mai visto. Utile solo alle parti in causa, e ai loro interessi. La legge sul testamento biologico pare che sarà la solita merdata, hai capito la novità. A parte questo? Dovevo commuovermi per qualcosa? Indignarmi? Ma chi cazzo se ne frega, davvero.

Pensiero del giorno: “Fermati. Fallo ora, torna indietro”
(Padmé Amidala, “Revenge Of The Sith”, 2005)

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Behind the Glass



Devo dire che scivolare beatamente verso il menefreghismo più nichilista è una goduria della mente. Lo scoglio iniziale da superare è duretto, in effetti: l’incazzo cosmico tende a essere una reazione praticamente involontaria, automatica e inevitabile come un colpo di tosse. Sarà che la sovraesposizione desensibilizza. Sarà che la scala dei valori morali, nel momento in cui perde i gradini e gli appigli per trasformarsi in un ascensore che precipita verso un abisso di schifo, si svuota di ogni significato. Non lo so. Ma senza quasi accorgermene, ci sono comunque riuscito: impermeabile e indifferente, assisto alla realtà con la disinvoltura inattaccabile di un biologo che osserva un acquario. Mi informo, certo, seguo la cronaca e la politica, esprimo giudizi, ma il distacco è tale da impedire qualunque interazione emotiva. Voglio dire: se il pesce palla fa lo stronzo col pesce pilota, litigano, e nel frattempo il pesce siluro glielo mette in culo a entrambi, registro l’avvenimento, penso che palla e pilota siano dei coglioni, palla un po’ di più, che siluro sia un bastardo, però furbo, e punto. Coinvolgimento e interesse più o meno pari a quelli provati per i risultati del campionato Apertura, ossia primo posto a pari punti per tre squadre – San Lorenzo, Boca Juniors e la sorpresa Tigre – con conseguente spareggio triplo, e disastro per il River Plate, ultimo, privo del “Niño Maravilla” Alexis Sanchez passato all’Udinese.

Blindato in un guscio psicologico di questo tipo, posso quindi permettermi di commentare ciò che avviene nel puzzolente vascone chiamato italia, senza farmi per questo venire travasi di bile o sacrosanta voglia di molotov. Da dietro il vetro, diciamo. E per dare una bottarella 2.0 a queste pagine, inauguro il tag “behind the glass”.

Mettere il primo tag – uno solo – ad alcuni post di un blog, nel 2009, definisce piuttosto bene quanta voglia di stare al passo con questi tempi di merda io abbia, credo. A presto.

Pensiero del giorno:
“Non sono molto bravo a raccontare le storie”
(C-3 PO, “A New Hope”, 1977)

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Return To Castle Wolfenstein


Che io sia un tipo che non scrive proprio spesso, e regolarmente, chiunque inciampi in questo blogguccio lo sa benissimo. Semplicemente, oltre al rispettare la somma regola che prevede, nel caso non si abbia nulla di interessante da dire, di stare zitti piuttosto che sparare stronzate inutili (nota: ricordarsi di proporre un comitato al riguardo a Ossimorosa), capitano dei periodi in cui ci si sente talmente sopraffatti dalla merda che piove ovunque da non avere la minima voglia di esprimersi. Una sensazione simile a quando, giocando a Return To Castle Wolfenstein (ah, le gioie del retrogaming), ti trovi corto di munizioni, circondato da una cinquantina di nazisti il più sfigato dei quali è uno zombie ninja armato di lanciarazzi. Di solito, in questi casi scelgo la dignità, e mi distendo sulla mia ultima granata dopo averla innescata, nella speranza di portarne con me il più possibile.


Certo che peggio di così ‘sto 2009 del cazzo non poteva iniziare. Una mattanza di civili, così, giusto come antipasto. E poi il delirio nostrano, tra leggi razziste, follie ideologiche, sciacallaggio politico perfino sulla morte. Ah già, e qualche stupro di gruppo qua e là, tanto per fare da condimento. I mostri sono usciti dal computer, dove bene o male, usando con giudizio il fucile da cecchino, erano gestibili senza troppi danni. Vista l’inutilità – autoterapia a parte – del mettersi a vomitare insulti, per esempio, sul nano che con la Costituzione ci si pulisce il culo, e su tutti quelli che sono d’accordo con lui, preferisco lasciar perdere. Mi ritiro nella mia stessa desolazione, in compagnia virtuale dei ben più rassicuranti Ubersoldier del Terzo Reich, e mi godo almeno la soddisfazione di un headshot ben riuscito.

Mi domando, a volte, come verrà ricordato questo periodo. Immagino, fra vent’anni, qualcuno che mi chiede, visto che c’ero, come straminchia abbiano potuto succedere cose simili. Credo che gli risponderò che non c’era nulla da fare. O, nel mio caso, non ce n’era la voglia. Di un paese completamente andato a puttane, i cui cittadini sostengono compatti personaggi che fanno letteralmente ribrezzo, ho scelto di sbattermene. Mal che vada, la Slovenia è dietro l’angolo. Le birre sono ottime, e anche il PIL non è niente male.

Pensiero del giorno: “Ho visto migliaia di soldati attaccare il tempio dei Jedi”
(Bail Organa, “Revenge Of The Sith”, 2005)

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Sappiamo, che vuole la donna: you should be an artist in your shower.

Cara Virgie Webb (o Anna Matveeva?... meglio Virgie Webb, direi. Fa molto pornodiva anni ’70, e il vintage va di moda, credi a me), cara amica, dicevo, temo di non essere l’uomo adatto a te. Non sopporto i bambini, e l’idea di un forte e armonico matrimonio mi terrorizza a morte. Amore, fiducia, rispetto, comprensione, vicinanza spirituale? Ma per favore. Smettila di guardare Pretty Woman sospirando, e scendi dal pero, che è meglio. Perdonami la franchezza, è per il tuo bene. Tra l’altro, il 58 nel tuo indirizzo e-mail è la tua età o l’anno di nascita? Giusto per delimitare il segmento di mercato appetibile, sai. In ogni caso, ho inoltrato il messaggio a k5vlufab, mi pare fosse il destinatario originale, può darsi che sia meno insensibile di me.
Un abbraccio.

Dear Wilma Fitzpatrick, I’m very sorry not to be abruno57, because it would be so nice to have a friend like you. Even if I don’t quite understand what do you intend by telling me that I should be an artist in my shower, I thank you for your trust and support. And I swear I don’t masturbate on photos since I was a teenager. But if the morons who do, disturb you that much, you should choose a different kind of image to use as an attachment to your e-mails. I can't post it here, splinder would close my blog and report me to the police. Anyway, it’s unbelievable what you’re able to insert in yourself, smiling in the meanwhile. I thought I had seen everything, but hey! You gave me a new perspective on what “larger than life” really means. Go on, never give up, and you’ll be a star someday.
Hugs.

Vince, sei un grande. Dimostri di conoscermi molto bene, non solo azzeccando il mio indirizzo e-mail, ma soprattutto restituendomi la speranza di poter un giorno soddisfare le esigenze di una come la Wilma, per dire. Credo che quella faccenda dei chiodi sia un po’ esagerata, però. Non ti offendere, ma sono convinto che se anche ci riuscissi, la scena risulterebbe incredibilmente comica, e non è semplice scoparsi una mentre rotola per terra dal ridere. Sono felice per tua moglie, comunque. Toglimi solo una curiosità: questo imballaggio supplementare che, forse, mi dici essere addirittura una necessità, dove si dovrebbe mettere? Perché se è come penso io, allora non mi interessa. Troppo facile, così.
Ciao caro, fammi sapere.

Pensiero del giorno: “E’ chiaro che hai ancora molto da imparare sul comportamento umano”
(C-3PO, “Attack Of The Clones”, 2002)

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Microeconomia


L’immobilismo assoluto in fatto di abbigliamento – che condivido con i personaggi dei fumetti tipo Dylan Dog – consente di ritrovarsi periodicamente, più o meno ogni vent’anni, dotati di un guardaroba all’ultimo grido. Tralasciando poi l’indubbio vantaggio di una scelta mattutina dei vestiti rapidissima e automatica, che da buon vetero-maschilista quale sono ritengo essere un gap tattico-strategico in mio favore assolutamente incolmabile da qualsivoglia donzella. In effetti, l’unico problema è convincere chi mi frequenta abitualmente del fatto che mi faccio la doccia ogni giorno e indosso cose fresche di bucato: il trucco è semplicemente possedere come minimo sette-otto esemplari perfettamente uguali di ogni jeans, maglietta, pullover e paio di scarpe. A volte devo far vedere l’armadio perché mi credano, annusarmi non gli basta.


La cosa interessante, però, è che acquistare da una vita gli stessi identici capi mi fornisce un punto di vista privilegiato sull’andamento dei prezzi, che spesso sfugge a tutti quelli che seguono le tendenze e cambiano look ogni stagione. Prendiamo i  miei amati Levi’s 501: non credo che a livello di produzione di pantaloni quanto viene il petrolio al barile, o la bolla finanziaria, c’entrino granchè. Ne compro due paia all’anno dal 1988. Costavano 50 mila lire. All’inizio dei ’90, eravamo sulle 60 mila. E via via così, praticamente seguendo l’istat, fino alle 80-90 mila lire del 2001. Adesso, pezzo di stronzo di commerciante del cazzo, mi chiedi 90 euro. Il doppio in sette anni. Spiegamelo, il perché. Spiegamelo, e non tentare di coglionarmi con le finte svendite e gli sconti-speciali-solo-per-questo-periodo. Il doppio, cristodiundio.

Spero che qualcuno di questi teste di minchia di negozianti mi legga, qualcuno di quelli che convinti di essere le volpi del secolo hanno spremuto il limone finchè potevano. Forse capirebbero perché i saldi sono andati a puttane, capirebbero perché quest’anno molti non hanno comprato nulla, capirebbero che invece di lamentarsi con i comunicati della Confcommercio potevano evitare di fare i furbi. Fottetevi, tutti. Io i soldi ce li avevo, e due o tre cosette potevano servirmi, ma quest’anno non vi ho dato un centesimo. E’ stato molto, molto più divertente passeggiare per Trieste limitandomi a osservare le commesse annoiate che facevano i solitari col cellulare nei locali vuoti, le patetiche vetrine con scritto “sconti pazzi”, e soprattutto la marea di cartelli di “cessazione attività”. Per ognuno di questi ultimi, mi sono premurato di augurare un sorridente e sentito vaffanculo passandoci davanti.

In fin dei conti, la crisi non ha solo aspetti negativi, dai.

Pensiero del giorno: “Trucchi di mente non attacca con me”
(Watto, “The Phantom Menace”, 1999)

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Good news















Credevi nell’inferno, giusto? D’altronde, uno dei peggiori inferni mai realizzati dall’uomo non ti dispiaceva per niente, pare. Ebbene, ci sei, adesso. Divertiti, maledetto figlio di puttana. Spero che tu venga accolto come meriti.


Pensiero del giorno: “Dolore, sofferenza, morte, io sento”
(Yoda, “Attack Of The Clones”, 2002)

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