Balkan Town rules


E’ gente sui quarant’anni e oltre, per lo più. Gente dura, che ne ha viste di tutti i colori. Ce ne sono anche di giovani e giovanissimi, ma finita la giornata di lavoro difficilmente si fermano in zona. Il quartiere dove vivo – rione, come dicono qui – è stato soprannominato, recentemente, “balkan town”, per la presenza di una numerosa comunità serba. Muratori, impiantisti, piastrellisti, idraulici. Bravissimi, dicono. Si riuniscono all’alba in piazza, passano i caporali con i furgoni, e via in giro per i cantieri edili di mezza Trieste. Col tempo molti si sono stabiliti qui definitivamente, le condizioni di lavoro sono anche migliorate, spesso si mettono in regola, e in proprio. L’abitudine di ritrovarsi nei soliti bar resiste. Qualche volta eccedono, come dire, con la piva e la rakija, e ci scappa la scazzottata. Sempre fra di loro, e di cose gravi – o che coinvolgessero altri – non ne sono mai successe.

Ne conosco alcuni, perché passo regolarmente nei dintorni di questi locali, e quando alle due di mattina vieni apostrofato da un armadio urlante, allegrissimo, espansivo e ubriaco come un unno, che ti offre una birra da mezzo, non puoi dire di no. Così, fermati una volta, fermati un’altra, un po’ entri in confidenza. Parlano tutti un italiano irresistibile, identico a quello di Vujadin Boškov (eroe nazionale) e non mi dispiace per niente fare quattro chiacchiere ogni tanto. Motivo di vanto personale, poi, è stato il conquistarmi sul campo una solida fama di robusto bevitore, nonché esperto di calcio. Mica poco, eh. Quasi sempre, passato un certo orario, le serrande dei bar calano per tre quarti, e dentro si fuma liberamente. Tanto. Con una predilezione per sigarette che farebbero indietreggiare un diavolo dell’inferno. Una volta ho commesso l’errore di tirare fuori le mie diana blu, e mi hanno chiesto se ero ammalato, perché robetta simile si fuma in ospedale, al limite.

L’altra sera avevo appena finito di raccontare di una vecchia intervista a Siniša Mihajlović (nella quale il famoso specialista dei calci piazzati affermò: “Quando giocavo in Crvena Zvezda, e arbitro fischiava punizione, gente su spalti già si abbracciava”), ottenendo risate, pacche sulle spalle, un doppio Slivovitz e un accenno di coro ultras.
Dragoslav, omone di solito assai taciturno, di cui sapevo che era stato, in prima linea, in Bosnia, e che era uno a cui stare veramente attenti, leggeva il giornale in disparte. Non mi aveva mai parlato direttamente. Quella volta mi guarda, e mi dice: “Ho letto che fascisti gira in città. Denunciano stranieri. Tu hai visto loro?”
“No”, ho azzardato io, “ma penso che sia una situazione di merda”.
“Io anche non ho visto loro. Meglio che non vedo. Perché se vedo, so cosa io faccio”.

Io non lo so, cosa sarebbe capace di fare un ex criminale di guerra serbo grosso e incazzato. Ma sarebbe interessante se qualche bulletto locale lo scoprisse.

Pensiero del giorno: “Sono buoni lavoratori, e ti serviranno bene”
(Luke Skywalker, “Return Of The Jedi”, 1983)

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7 Responses to Balkan Town rules

  1. anonimo says:

    se succede, facci sapere

  2. IndianoDiBombay says:

    Grandissimo Boskov.


    Per il resto, hai detto tutto tu.

    (E complimenti per la tenuta alcolica...)

  3. settantasette says:

    @#1: non mancherò.


    @Indiano: eh, ma è dura. La mattina dopo, specialmente.


    (rigore è quando arbitro fischia, comunque)

  4. lapsuscalami says:

    Lo sapevi che mi inviatavi a nozze, vero?

    Confermo, confermo, confermo quanto descritto dal santo bevitore.

    Dirò di più: da brava vicina-di-casa vivo praticamente in piazza balkan, ovvero la piazza dove la mattina passano i suddetti caporali, a un passo dal quadrilatero dei baretti dove li puoi trovare a partire dalle 5 del pomeriggio, in supermercato dove li incontro la sera quando vanno a fare la spesa.

    Sono 7 anni che abito là e ci sto bene. Potrei scrivere un romanzo a puntate sui miei vicini balkan.

    Di quando, nelle sere d'estate, si trovano con la fisarmonica in piazza e suonano quelle loro canzoni che tanto mi piacciono e la musica arriva fino al mio quinto piano senza ascensore.

    Delle spese che fanno al supermercato. Se non hanno qua la famiglia, vivono in 5/6 per appartamento, uno a turno fa la spesa: 12 panini in sacchetto, 15 birre e una specie di wurstel gigante che il supermercato di fronte a casa mia importa solo perchè loro lo comprano.

    Del negozio di alimentari che hanno aperto proprio attaccato al mio portone che vende alimentari d'importazione, of course balkan. La ragazza che sta dentro è albanese e mi ha spiegato bene come fare il burek.

    E' sempre aperto, tra l'altro.

    Del locale sempre attaccato al mio portone, ma a sinistra, dove venerdì e sabato sera arrivano i musici con la pianola e lì ci danno giù come demòni a cantare e ballare le loro canzoni.

    Dell'edicola che vende i quotidiani in cirillico e io mi sento una mezza cogliona perchè noi siamo stati a fare le grandi battaglie contro il bilinguismo sloveno ma adesso siamo in svantaggio, ché sappiano solo l'italiano (e anche quello poco e male) e quattro cagate d'inglese imparate più ascoltando canzoni che altro.

    Ho lasciato per ultima la cosa più importante: luglio 2008, fatto un'ora dell'odio in ufficio (22.30), torno a casa e mi fermo nel kebab di fronte casa a raccattare un panino. All'interno, fauna varia del loco tra cui un triestino evidentemente molto tra i fumi di troppo alcol (bisogna essere professionisti per reggere la competizione col balkan) che guarda me e i miei vestitini estivi con intenzioni - per me - piuttosto seccanti.

    Un serbo (che conosco di vista) se ne accorge e, all'ubriaco, gli attacca un mezzo bottone di chiacchiere, in modo da lasciarmi uscire senza fastidi. Il gestore turco, segue dalla porta del locale il mio breve tragitto fino al portone.

    Arrivo, apro il portone, mi volto e gli faccio un cenno con la mano. Una volta vistami entrare, lui si gira e torna dentro.

    Il triestino, il serbo, il turco, io.

    Un bel gioco delle parti.


    E adesso mi faccio la pubblicità da sola: 'ste quattro righe qua sotto sono state prodotte in tempi non sospetti di ronde.


    http://lapsusdicalamo.splinder.com/post/18568422/Io+non+ho+paura


    Uff, scusate, sono un pelo incazzata oggi....

  5. BL4cKcLoUD says:

    Sbaglierò, ma non ho visto ronde di dementi animati da simili intenzioni, in città. E spero di non vederne.

    Sbaglierò ma non credo ce ne sia bisogno, sarebbe bene evitare di legalizzare simili "ronde", così magari da fuare eventuali incontri prima che degenerino: preferisco non vedere nessun bulletto pigliato male, preferisco non vederne proprio.

    E, sbaglierò, ma le abitudini dei serbi, rispetto ai turchi, agli albanesi ed ai cinesi sono diverse. Ringrazio ci sia piazza della madonnina, perchè forse a questa comunità dobbiamo più di quanto si creda, in città. Speriamo tutto continui così.

  6. settantasette says:

    @balkan-vicina-di-casa: bello, bello e vero quello che scrivi. Riallacciandomi al post che citi, hai ragione: teniamoci stretta la multiculturalità, che è nel dna di una città di mare, e l'apertura mentale che ne deriva.


    @BL4cKcLoUD: concittadino?

    Anyway, bienvenido.

    E no, non sbagli per niente, anzi.

    Per ora sono state solo chiacchiere sui giornali (vedi post sotto), ma le teste di cazzo ci sono, e non vedono l'ora. Il tutto lo trovo preoccupante, parecchio. Anche il fatto che semplicemente se ne parli.

  7. settantasette says:

    Aloha, silent ;)

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