Archive for dicembre 2006

Bimba bella della mamma



Piccola stronza. Piccola, stronza e bastarda. Anzi, stronza e bastarda, punto. Le dimensioni non contano, come amano ripetersi tra loro i maschi insicuri. Bastava guardarti, anche se la prima impressione non dovrebbe portare a giudizi affrettati. Cicciottella, occhietti porcini e cattivi, infagottata in una tuta aderente di gran marca, color fucsia-fastidio, e quelle dita tozze sporche e appicicaticce a causa del leccalecca su cui stai sbavando. Dio, che schifo. Mi sono girato dall'altra parte.

Ma poi. Il casino è scoppiato all'improvviso. Strilli acutissimi, confezioni che cadono dagli scaffali, orsacchiotti e camion di plastica e bambole tettone sul pavimento. E tu stai prendendo a calci l'altro bambino, che è per terra e piange, e cerca di difendersi, ma avrà quattro anni, tu sei più grande. Gli tiri i capelli, lo graffi, alla fine cerchi di morderlo. La bella signora in pelliccia (trentacinquenne più iva, circa) arriva appena in tempo, e ti prende in braccio, mentre il padre dell'altro tira su il piccolo che è sconvolto. Frasi di circostanza, scuse a mezza voce, eh lo sa come sono fatti i bambini, solite cazzate degli adulti.

Ma per te non è finita. Avanti con gli strepiti e gli urli, e quelle smorfie di merda che significano capricci cattivi, finchè quella rincoglionita ingioiellata di tua madre non ti ha preso comunque il giocattolo che volevi, e che il bambino più piccolo aveva osato toccare. Era tuo, e basta. Da come siete vestite, tu e la modaiola del cazzo che poteva fare a meno di riprodursi, a casa ne hai la stanza piena. Vi vedo uscire dal negozio, tu guardi all'indietro da sopra la spalla del visone, e non sei felice, come di solito sono felici i bambini che ottengono quello che desiderano. Sei soddisfatta.

Salite sul SUV in seconda fila, che ve lo tassassero a cento euro al chilo, e via senza dare la precedenza all'autobus. Che belli, i figli della generazione venuta su con la Milano da bere. Stanno crescendo bene.


Pensiero del giorno:
Meravigliosa, la mente di bambino è
(Yoda, Attack Of The Clones, 2002)

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Aria di crisi



Non serviva mica l’ISTAT, per capirlo. Pare che siamo alla frutta. Anzi, fortunati quelli che si sono mangiati primo, secondo e dolce, prima di arrivarci. Aldilà dei numeri e delle percentuali (comunque drammatici), stupisce che non sia stato colto prima un insieme di segnali evidenti, e sottovalutati. I dati dell’ultima indagine sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie italiane giungono alla fine di quella che avrebbe dovuto essere la settimana più consumistica dell’anno, e suonano decisamente come una presa per il culo. Sarà un caso che vengano resi noti adesso, quando tutti, più o meno, hanno la pancia piena, e minore predisposizione ad allarmarsi?



Non serviva mica l’ISTAT, dicevo. Si poteva arrivare alle medesime conclusioni, riguardo allo stato della nostra economia, semplicemente andando un po’ in giro nei giorni precedenti al compleanno più celebre della storia. Osserviamo le politiche di marketing al dettaglio dei grandi gruppi di distribuzione e vendita di tecnologia varia, luoghi tra i più gettonati in questo periodo. Mediaworld, Unieuro, Euronics, è uguale. Un buon esempio è la proposta fatta per l’acquisto di un televisore medio, diciamo da 450 euro. Fascia bassa per la categoria degli LCD e plasma, medio-alta per i “vecchi” tubi catodici.


Bene: si arriva a 36 rate, interessi zero (insomma, ne ho già parlato del TAEG…), con inizio del pagamento a metà 2007, sui 180 giorni quindi. Oh, ma ci rendiamo conto? Stiamo parlando di 12 euro e mezzo mensili, con gli interessi circa 14, e per i primi sei mesi, niente. Praticamente ti tirano dietro la roba, purchè tu compri. Come fanno i distributori e i punti vendita a sopravvivere? Certo, parte dei fornitori viene regolata tramite le garanzie bancarie. Banche che, poi, calcolano comunque di avere il loro bel tornaconto grazie alla gestione dei servizi di finanziamento. Il prodotto tecnologico è solo uno dei tanti casi, questa disperata metodologia di vendita è ormai la norma, basti pensare al mercato dell’automobile. Teoricamente, funziona, ma deve andare tutto a buon fine. Fino all’ultima delle rate. Sennò, si rimane a livello virtuale. Il sistema, però, è al collasso, e si avvicina sempre di più il punto di rottura.


Punto di rottura che si presenterà quando le famiglie, in numero sempre maggiore, saranno costrette a tagliare. Abbiamo già superato la soglia, a questo proposito. Per la prima volta dagli anni ’50 è stato intaccato, come allocazione di spesa, il paniere dei beni alimentari. Insomma, pasta finchè si vuole, ma i filetti cominciano a rimanere sui banconi. Perfino in occasione delle grandi feste. Abbiamo cominciato a stare attenti a cosa compriamo da mangiare, ma l’ultimo cellulare, guai a toccarlo, eh. Quando, impossibilitati a sostenere le piccole – ma messe tutte insieme neanche tanto – rate del superfluo, gli italiani cominceranno a vedere gli ufficiali giudiziari che si riprendono i televisori, le automobili, gli elettrodomestici, penseranno di assistere a una scena vista mille volte nei film americani. Chissà, però, se si sentiranno fighi come in quelle realtà virtuali, tra cui la nostra raccapricciante televisione, che avevano cercato di imitare completamente rincoglioniti di pubblicità e “superpromozioni”. E chissà come ne usciranno i venditori e gli enti di finanziamento. Buon 2007, ci sarà da divertirsi.




Pensiero del giorno:
“Sento che hanno una paura sproporzionata”
(Qui-Gon Jinn, “The Phantom Menace”, 1999)

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Get Up (I Feel Like Being A) Sex Machine


Spero solo che nell'aldilà delle icone soul&blues, John, che grazie a lui aveva visto la luce, stia aspettando James con una bottiglia di Jack.

            


Pensiero del giorno:
“Trovo insopportabile la tua mancanza di fede”
(Darth Vader, “A New Hope”, 1977)

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Il mio desiderio



Il Genio dei Desideri mi si è manifestato mentre stavo cercando una birra nel frigo. Il fatto che, contro ogni pronostico, io la avessi trovata, sicuramente era da interpretare come un segno, ma sul momento non ci avevo fatto caso.
Un ulteriore elemento di confusione poteva essere rappresentato dalla forma che il Genio aveva scelto di assumere per palesarsi, ossia quella di un cetriolo di media grandezza, che albergava da diversi giorni sui ripiani bassi, in attesa di una improbabile futura insalata. Sono sempre stato convinto, tuttavia, che elasticità e apertura mentali siano doti fondamentali nell’approcciarsi alle cose che non si conoscono, o che appaiono inspiegabili.
Di conseguenza, se ero stato capace di accettare senza problemi l’evidente straordinarietà del fatto che una Tuborg da sessantasei fosse sopravvissuta intatta alla serata precedente, non vedevo perché avrei dovuto rifiutare a priori l’idea che un cetriolo si animasse e mi parlasse. Chi si rivolge a me con cortesia, parlando un buon italiano privo di accenti, e senza darsi arie di superiorità pur essendo una entità sovrannaturale, mi fa sempre una ottima impressione.
Tra l’altro, avere scelto di apparire nel mondo dei mortali optando per l’aspetto di una verdura tra le più umili, era chiaro indice di senso dell’umorismo, e notevole autoironia. Così, dopo un breve e piacevolmente informale scambio di convenevoli, mi è sembrato naturale invitarlo a sedersi al tavolo per proseguire la conversazione. O meglio, ad accomodarsi nella scodella davanti alla quale ero seduto io.


 


“Beh, Genio, devo dire che non me lo aspettavo.”


“Che io esistessi, o che io fossi un cetriolo?”


“Entrambe, in effetti. Vuoi un po’ di birra? La aprivo comunque, non fare complimenti.”


“Grazie, sì. Ueilà, ma la stappi con l’accendino? Mai stato capace.”


“Evidentemente bevi da meno anni di me. Salute.”


“Alla tua. Allora, immagino che sarai curioso.”


“Più che altro, speranzoso. E’ vero quello che si dice di te?”


“Dipende. Sai come sono le leggende, ognuno racconta la sua.”


“Non ci prendiamo per il culo, su. Intendo quella faccenda dei tre desideri.”


“Me lo chiedono sempre. In realtà, il desiderio che esaudisco è solo uno. Tre sono le volte all’anno che appaio, a persone diverse, in tutto il mondo.”


“Siamo già alla fine di dicembre. A occhio, dovrei essere l’ultimo di questo giro, quindi.”


“Esatto. Sei contento? Non è mica facile che succeda, eh, siete sei miliardi.”


“A dire il vero mi sento un po’ in ansia. Posso ottenere qualsiasi cosa? E’ una bella responsabilità.”


“Qualsiasi cosa, sì. Fai bene a pensarci. Essendo la scelta dell’individuo che beneficerà dei miei poteri completamente casuale, succede spesso che questo dono vada, come dire, sprecato. Sai, può esserci inconsapevolezza, o semplice sfiga.”


“Per esempio?”


“Guarda questo duemilasei. Prima sono capitato da una bambina cinese di tre anni. E insomma, ci ho messo un po’ anche a spiegarle chi ero, e poi piangeva… comunque, per farla breve, adesso ha un panda gigante in giardino.”


“Comincio a capire.”


“Poi è toccata a un ragazzo in America. Era talmente fatto che ho dovuto trasformarmi in una pipa da crack, per lui esisteva solo quella. Prima che gli calasse il down, ha fatto in tempo a dire che gli sarebbe piaciuto vedere Britney Spears senza mutande. E così... beh, li leggi i giornali, no?”


“Cazzo. Mi metti in una posizione difficile. Se tiro fuori una stronzata anch’io, l’umanità intera si sarà giocata un anno di desideri. Ma forse dovrei lasciare ad altri le decisioni epocali. Cristo, non so… ”


“Sbrigati, però. Il tempo sta per scadere. Non serve che me lo dici, basta pensarlo.”


“Ci sono, ci sono quasi, aspetta. Ecco, ecco. Ecco!… fatto.”


“Quello? Ma sei sicuro?”
“Sì.”
“Non ti sembra di aver avuto paura di assumerti responsabilità importanti?”
“Fatti i cazzi tuoi. Apro l’altra birra, ok?”


 


 


Pensiero del giorno: “Era vero, da un certo punto di vista.”
(Obi-Wan Kenobi, “Return Of The Jedi”, 1983)

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Cosa resterà


Anno 3156, poco a nord di quella che una volta era la località di Mountain View (San Jose), contea di Santa Clara, California.


 

Le due creature, dopo aver ispezionato l’area, si fermano. Con movimenti lenti e impacciati dei tentacoli, a causa delle pesanti tute ambientali, procedono all’installazione dei rilevatori e delle interfacce neurali. Inserite le sonde ad autocarotaggio nel ghiaccio, in attesa che i sensori arrivino alla profondità prevista, dove si trova la superficie del pianeta, una delle due si rivolge all’altra.


 

(tradotto dal sistema di comunicazione in uso nel sistema di Alpha Centauri)

 

“Sembra che ci siamo. Speriamo di aver interpretato bene i calcoli.”

“I segnali sono deboli, ma coerenti. Il centro di tutto era qui.”

“Come fai a esserne così sicuro? La rete di collegamenti che abbiamo rilevato ricopriva l’intero pianeta, ma non è attiva da almeno un migliaio di rivoluzioni della piccola stella gialla di questo sistema.”


“La scansione sub-atomica ne ha tracciato chiaramente i residui di energia, però. E la triangolazione dei loro percorsi identifica questa posizione come il nodo primario.”


“Avremo una, due possibilità al massimo, ricordalo. Quando ci saremo collegati, l’analisi disperderà rapidamente la carica delle particelle, o quello che ne rimane.”


“Anche se i dati interpretabili saranno pochi, sarà sempre meglio di niente. Basta che le traccie energetiche rimangano aggregate il tempo necessario affinchè l’elaboratore le trasformi in codici. Poi, forse, finalmente sapremo.”


“E’ affascinante, vero? Non conosciamo nulla di questa civiltà perduta, e quelle che stiamo per recuperare saranno le prime e ultime informazioni che avremo. Il reparto scientifico studierà gli scenari possibili per chissà quanto, dopo.”


“Aspetta. Ecco, i sensori hanno stabilito un contatto!”

“Attivo l’interfaccia. Confermo, rilevamento positivo.”

“L’elaboratore è collegato. Inizializzazione dell’analisi in corso.”

“C’è un flusso! Ripeto, c’è un flusso! Abbiamo dei dati! Passare a… ”

“No. Collegamento interrotto. Energia residua disgregata.”

“E’ finita, dunque. Siamo riusciti ad avere qualcosa?”

“Qualcosa, sì. Aspetto la decodifica.”

“Guarda! C’è un primo segnale ricostruito. Cosa significa?”

“L’elaboratore lo interpreta come la designazione del nodo primario. Non è detto che abbia un significato, può essere un nome. Il termine è ‘GOOGLE’.”


“Le designazioni servono a poco. C’è altro?”

“Un momento ancora… ecco. Pare che una sequenza di dati fosse presente in misura preponderante nel nodo, in questo ‘GOOGLE’, insomma. E’ la sola che abbiamo potuto estrapolare, tutto il resto è perso.”


“Beh, se è così, l’informazione sarà rilevante. Decodifica?”

“Quasi completata.”

“…”

“…”

“Allora? Cosa dice??”

“…”

“…”

“ENLARGE YOUR PENIS.” 

 




Pensiero del giorno: “Non troverai mai un covo di feccia e di malvagità peggiore di questo.”

(Obi-Wan Kenobi, “A New Hope”, 1977)

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Conversare con il proprio blog

“Ciao, settantasette.”
“Aaargh! Chi cazzo è? Che succede?”
“Stai calmo, torna a sederti. Sono il tuo blog.”
“Eh?!? Cos’è, uno scherzo? Un altro bug di splinder?”
“Lascia stare, tasto dolente, quello. Te l’ho detto, sono il tuo blog.”
“Ma… com’è possibile? Tu mi stai parlando!”
“No, imbecille. Ti sto scrivendo, non vedi?”
“Così, attraverso l’editor per postare?”
“Perché, tu come ti rapporti con me, di solito?”
“Ah… ok, suppongo che abbia senso. Non capisco, però.”
“Non capisci un sacco di cose, se è per questo.”
“Vabbè, ma insomma… cosa vuoi?”
“Dopo un certo periodo, mi sembrava giusto fare conoscenza.”
“Se lo dici tu.  Mi hai fatto venire un colpo, eh.”
“Inoltre, ci sono alcune cosette da chiarire.”
“Lo immaginavo. Ti sento un po’ ostile.”
“Ostile, non esageriamo. Infastidito, ecco.”
“Infastidito? Cosa c’è che non va?”
“Beh, tanto per cominciare, scrivi senza la minima regolarità.”
“Ciccio, guarda che sei un passatempo. Ti aggiorno quando ne ho voglia.”
“Non chiamarmi ciccio. Mi hai abbandonato da aprile a settembre. Stavo per chiedere di te al blog di ‘Chi l’ha visto?’. E poi, non è solo quello. Non c’è coerenza.”
“Cosa?”
“Alterni riflessioni su temi di un certo spessore al puro cazzeggio. Così, a caso.”
“Senti, cic… ehm, cioè, sei una pagina personale. Non allargarti troppo.”
“Lo so cosa sono. E’ che mi hai infarcito, in egual misura, di argomentazioni condivisibili e minchiate strepitose. Non ho un’identità. Ti sembra bello?”
“Che palle. Il blog con i disturbi dissociativi della personalità.”
“Vorrei vedere te, al mio posto. Immagina se non fossi tu a decidere come vestirti la mattina, e ti ritrovassi un giorno in giacca e cravatta, un altro con il costume da pagliaccio, e avanti così. Eccheccazzo.”
“Oh, datti una calmata, però. Guarda che poteva andarti molto peggio.”
“Per esempio?”
“Pensa se ero una sedicenne fashion, e ti riempivo di stronzate scritte con i font glitterosi e luccicanti. Con i cuoricini e gli animaletti rosa. E le foto di Justin Timberlake e Tiziano Ferro. E le kappa e le faccine. E… ”
“Aaargh! Basta! Va bene, va bene, non rompo più.”
“Su, cerca di essere positivo. Qualche soddisfazione c’è anche stata, no?”
“Beh, in effetti… ”
“A me puoi dirlo. Lo so che ti è piaciuto, questa settimana, quando hai avuto milletrecento visite uniche in un giorno, e si è fritto lo shinystat.”
“Ecco, adesso mi fai sentire in colpa per essere saltato su così.”
“Ma no, non è il caso, è giusto che tu ti esprima se per te è importante. Anzi, sai cosa? Facciamo un patto.”
“Dimmi.”
“Comportati bene, e come regalo di Natale ti trasferisco su wordpress. Vuoi?”
“Ti amo, mio Creatore.”
Sì, ma adesso non fare la checca. Sparisci, che devo pubblicare il post.


 
Pensiero del giorno: Io sono tuo padre
(Darth Vader, “The Empire Strikes Back”, 1980)

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Caccia al tunisino un paio di palle



Gli editoriali di oggi, sulla maggior parte dei quotidiani nazionali, evidenziano - grazie forse alle ultime briciole di deontologia professionale raschiate dal fondo del barile - quanto fosse stato affrettato, ieri, gridare al mostro. Orrenda strage di donne e bambini (Erba, vicino a Como), più pregiudicato straniero irreperibile, e giù tutti, inquirenti compresi, ad avventarsi sulla soluzione maggiormente sensazionalistica dell'addizione.
Fin qui, almeno nel merito, niente da dire. A parte, chiaramente, la clamorosa figura di merda a livello investigativo e giornalistico. Ma l'errore ci può sempre stare. La cosa insopportabile, invece, sono stati i toni con i quali è stata data in pasto al pubblico la bufala. E qui, al contrario, la responsabilità è tanta, soprattutto per l'uso strumentale e doloso delle parole.
Non serve essere dei geni della semantica, o aver studiato elementi di logica e retorica, per capire il messaggio “urlato tra le righe” dei titoli e degli articoli (on-line e su carta) di ieri. Le ovvietà demagogiche si assimilano al volo, sono fatte apposta.

“CACCIA AL TUNISINO”, era il più gettonato. Perfetto, giusto per catturare l'attenzione. Occhiello più diffuso: “IMMIGRATO, SCARCERATO GRAZIE ALL'INDULTO, RICERCATO ecc. ecc.”.
Tunisino? E allora? Caccia all'
uomo, scrivi, piuttosto. Ci tieni a essere preciso? Puntualizza nell'articolo che il ricercato è di nazionalità tunisina. Immigrato? C'è bisogno di specificarlo? E' chiaro, visto che non è italiano. Non sarà mica per il fatto che il riflesso condizionato del lettore associa la parola "clandestino" alla parola "immigrato", ottenendo così il velo di dubbio e illegalità che si cercava? E poi la ciliegina finale: "scarcerato grazie all'indulto". Senza precisare i reati precedenti (in questo caso patteggiamento per possesso di droga, nessuna violenza), ma strepitando che il sospettato è "fuori grazie all'indulto". E allora? Se era in libertà per buona condotta, cambiava qualcosa? A parte il minore impatto emotivo sul senso di indignazione civile del perbenista medio, intendo.
Qualche dettaglio non verificabile, tipo vaghe voci (raccolte tra le comari del vicinato, si suppone) su presunti "episodi precedenti di violenza verso la convivente", inserito nel pezzo, e il mostro è servito. Ad uso e consumo dei simpaticoni col fazzoletto verde, e dei beceri a loro assimilabili. Che scuoteranno i testoni, nei baretti di paese, confermandosi a vicenda che “così non si può andare avanti” e che riguardo a “quella gente” bisogna fare qualcosa. Sono d'accordo con loro. Penso all'ordine dei giornalisti, però.




Pensiero del giorno:“Scuse accettate”
(Darth Vader, “The Empire Strikes Back”, 1980)

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Sedici nomi


Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Lorsini, Pietro Dendena, Carlo Galani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Vittorio Mocchi, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silvia, Attilio Valè, Gerolamo Papetti.

Nessun colpevole. Tanta, tanta merda nel frattempo, però.

Pensiero del giorno: “Percepisci, non pensare”
(Obi-Wan Kenobi, “A New Hope”, 1977)

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Cartolina di Natale


Così, tanto per rinfrescare un pò la memoria.






























Pensiero del giorno: “Fantastico, ragazzo. Colpo da maestro!”
(Han Solo, “A New Hope”, 1977)

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Dieci dubbi e dieci certezze



Dieci dubbi


1) Temo che questo Governo mi faccia pentire di averlo votato.
2) Non so se farmi un altro caffè.
3) E' giusto provare repulsione fisica per Vittorio Feltri?
4) La prima sigaretta della mattina è la più buona?
5) Chissà perchè Laura Pausini vende tanto in sudamerica.
6) Stando in piedi, Giuliano Ferrara riesce a vedersi il cazzo senza specchio?
7) Non sono sicuro che ci meritiamo il nostro benessere.
8) Capitan Findus era un omosessuale pedofilo?
9)  Forse sarebbe stato meglio non andare a pogare sotto il palco dei Muse a Bologna, sabato.
10) C'è davvero qualcuno che beve il gin-tonic come aperitivo?

Dieci certezze

1) Piuttosto che il figlio di puttana mafioso, va bene anche Belzebù.
2) Entro le dieci di mattina, i caffè non sono mai troppi.
3) Chi legge Libero è pericoloso come chi ci scrive.
4) Se mi tolgono la sigaretta con il caffè divento pericoloso anch'io.
5) In sudamerica devono avere dei cantautori pop veramente scarsi.
6) Ai grossi maiali sudati spesso vengono gli infarti del miocardio.
7) In un paio di generazioni, il terzo mondo farà un mazzo così a noi culi pallidi.
8) Uno che va in barca circondato da bambini biondi vestiti da marinaretti dà da pensare.
9) Se i Muse piazzano un altro paio di album a questo livello, gli U2 possono scomparire.
10) La Duchessa di York, madre di Elisabetta II d'Inghilterra, si faceva otto gin-tonic al giorno, ed ha vissuto fino a 101 anni.


Pensiero del giorno: "Se mi abbatti, diverrò più forte di quanto tu possa immaginare"
(Obi-Wan Kenobi, "A New Hope", 1977)

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Indovinello: qual è la differenza?


Lele Mora


Jabba the Hutt


Dunque: all'apparenza, nessuna.

Trattasi in entrambi i casi di viscide larve informi, palesemente sovrappeso, notoriamente dedite ad attività al limite del lecito, e circondate da una adorante corte di esseri grotteschi.
Dovendo proprio scegliere, però, almeno il buon vecchio Jabba ai suoi piedi si tiene una Carrie "Princess Leia" Fisher niente male, invece di due ripugnanti e sottomessi manichini plasticati.
Che la Forza se li inculi tutti quanti.
Loro, e il sistema tv-spettacolo che gli permette di esistere.



Pensiero del giorno: "Peggio di così non poteva andare"
(Han Solo, "Return Of The Jedi", 1983)

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Chi ha paura del Grande Fratello?



La privacy. Bella parola, suona bene. I dati sensibili. Accidenti, bisognerà farci attenzione. Guai a maneggiarli con imprudenza, va a finire che si irritano. Per forza, sono così sensibili, poverini. Ci vuole come minimo un'autorizzazione, per averci a che fare. Tutti d'accordo, su questo. Perchè non voglio che chiunque possa sapere gli affaracci miei, dove vado, cosa faccio, come uso internet, quanti soldi ho e come li spendo, a chi telefono e cosa gli dico. Eccheccazzo.
Vero, sacrosanto, da condividere e sbandierare.
Se si parla dei rapporti tra privati, però. Cittadini, aziende, associazioni. Persone fisiche e giuridiche che dall'accesso alle informazioni sugli altri, particolarmente riguardo al reddito e ai consumi, potrebbero trarre vantaggio in termini di marketing, di gestione degli affari, di influenza sui rapporti personali.
Fin qui, tutto bene.
Mi starebbe immensamente sulle palle che banche, imprese, assicurazioni, chiunque desideri vendermi qualcosa o propormi come utilizzare denaro e tempo libero potesse sapere in anticipo i miei gusti, le mie risorse finanziarie, addirittura il mio stato di salute. Che si arrangino da soli a definire il target della loro attività economica, decidendo se includermi o meno tra i potenziali clienti.

Quando si tratta delle istituzioni, però, la faccenda è un pò diversa. In particolare, parlando dell'aspetto economico e finanziario. La doverosa premessa, non così scontata come sembra, è che si deve trattare di uno Stato democratico, nell'ambito del quale le libertà civili e di opinione vengano considerate assolute e inviolabili, il garantismo sia inattaccabile, i diritti dell'individuo e l'uguaglianza davanti alla legge siano i principi della convivenza e dei rapporti tra privato e pubblico.
Si potrebbe sicuramente fare meglio, ma leggendo la Costituzione e conoscendo a sufficienza il Codice Civile e quello Penale, credo si possa dire che - almeno in teoria - in Italia ci siamo abbastanza. Gli strumenti istituzionali e giuridici sono lì, e sono potenti, basterebbe avere la voglia e la capacità di usarli e applicarli. Non serve fare rivoluzioni.

Ed eccoci alla famosa privacy, ai famosi e segretissimi dati personali. Ribadisco, concentriamoci soprattutto sui soldi. Perchè tanto desiderio di riservatezza, tanta voglia di cazzi propri, davanti allo Stato? Perchè tanta paura, per dire, di un eventuale obbligo futuro di eseguire ogni transazione di un minimo rilievo con bancomat e carte di credito? Perchè tanta paura delle intercettazioni telefoniche, perchè tanta resistenza all'idea della trasparenza di movimenti bancari e societari, perchè tanto fastidio davanti alla richiesta di scontrini e ricevute? Chi ha paura di poter essere controllato?

Io, no di sicuro. Come me, chiunque non commetta irregolarità o veri e propri reati, non dovrebbe avere nulla da temere. Un esempio fra tanti: attraverso il telepass si possono conoscere i miei spostamenti? Chi se ne frega. Se queste informazioni rimangono inaccessibili per altri privati (la morosa che mi potrebbe beccare se avessi l'amante in un'altra città, o una casa automobilistica che sapendo quanti chilometri faccio all'anno mi fracasserebbe di pubblicità avendomi inquadrato in una tipologia di cliente), qual'è il problema?
Lo stesso vale per i pagamenti, per le comunicazioni telefoniche, per internet. Quale cazzo è il problema? Che traccino, che ascoltino, che analizzino. Troppe telecamere in giro per la città? E allora? Se non rapino una banca, a me cosa importa?

I problemi, e problemi grossi, se venisse attuato un monitoraggio capillare delle attività (soprattutto economiche) di tutti, non li avrei certo io. Mal che vada, rinuncerei a quei quattro mp3 introvabili che scarico, e me li cercherei su ebay. Ci ho pensato parecchio, ed è davvero l'unica cosa tra l'irregolare e l'illegale che faccio, in assoluto. E sono convinto che anche per la maggioranza della famosa "gente comune" sia così. Pensando invece agli evasori e ai parassiti fiscali grandi e piccoli, ai faccendieri della finanza creativa, ai miserabili in generale che nella segretezza e nell'irrintracciabilità dei loro sporchi affari prosperano e si arricchiscono, o che abusano dei più deboli... beh, se per vederli disintegrati come persone e come categorie, dovessi rinunciare a un album di Pat Metheny, io ci starei. E voi?


Pensiero del Giorno:
"Abbi cura di te. E' quello che sai fare meglio"
(Luke Skywalker, "A New Hope", 1977)


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