Archive for 2006

Bimba bella della mamma



Piccola stronza. Piccola, stronza e bastarda. Anzi, stronza e bastarda, punto. Le dimensioni non contano, come amano ripetersi tra loro i maschi insicuri. Bastava guardarti, anche se la prima impressione non dovrebbe portare a giudizi affrettati. Cicciottella, occhietti porcini e cattivi, infagottata in una tuta aderente di gran marca, color fucsia-fastidio, e quelle dita tozze sporche e appicicaticce a causa del leccalecca su cui stai sbavando. Dio, che schifo. Mi sono girato dall'altra parte.

Ma poi. Il casino è scoppiato all'improvviso. Strilli acutissimi, confezioni che cadono dagli scaffali, orsacchiotti e camion di plastica e bambole tettone sul pavimento. E tu stai prendendo a calci l'altro bambino, che è per terra e piange, e cerca di difendersi, ma avrà quattro anni, tu sei più grande. Gli tiri i capelli, lo graffi, alla fine cerchi di morderlo. La bella signora in pelliccia (trentacinquenne più iva, circa) arriva appena in tempo, e ti prende in braccio, mentre il padre dell'altro tira su il piccolo che è sconvolto. Frasi di circostanza, scuse a mezza voce, eh lo sa come sono fatti i bambini, solite cazzate degli adulti.

Ma per te non è finita. Avanti con gli strepiti e gli urli, e quelle smorfie di merda che significano capricci cattivi, finchè quella rincoglionita ingioiellata di tua madre non ti ha preso comunque il giocattolo che volevi, e che il bambino più piccolo aveva osato toccare. Era tuo, e basta. Da come siete vestite, tu e la modaiola del cazzo che poteva fare a meno di riprodursi, a casa ne hai la stanza piena. Vi vedo uscire dal negozio, tu guardi all'indietro da sopra la spalla del visone, e non sei felice, come di solito sono felici i bambini che ottengono quello che desiderano. Sei soddisfatta.

Salite sul SUV in seconda fila, che ve lo tassassero a cento euro al chilo, e via senza dare la precedenza all'autobus. Che belli, i figli della generazione venuta su con la Milano da bere. Stanno crescendo bene.


Pensiero del giorno:
Meravigliosa, la mente di bambino è
(Yoda, Attack Of The Clones, 2002)

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Aria di crisi



Non serviva mica l’ISTAT, per capirlo. Pare che siamo alla frutta. Anzi, fortunati quelli che si sono mangiati primo, secondo e dolce, prima di arrivarci. Aldilà dei numeri e delle percentuali (comunque drammatici), stupisce che non sia stato colto prima un insieme di segnali evidenti, e sottovalutati. I dati dell’ultima indagine sul reddito e le condizioni di vita delle famiglie italiane giungono alla fine di quella che avrebbe dovuto essere la settimana più consumistica dell’anno, e suonano decisamente come una presa per il culo. Sarà un caso che vengano resi noti adesso, quando tutti, più o meno, hanno la pancia piena, e minore predisposizione ad allarmarsi?



Non serviva mica l’ISTAT, dicevo. Si poteva arrivare alle medesime conclusioni, riguardo allo stato della nostra economia, semplicemente andando un po’ in giro nei giorni precedenti al compleanno più celebre della storia. Osserviamo le politiche di marketing al dettaglio dei grandi gruppi di distribuzione e vendita di tecnologia varia, luoghi tra i più gettonati in questo periodo. Mediaworld, Unieuro, Euronics, è uguale. Un buon esempio è la proposta fatta per l’acquisto di un televisore medio, diciamo da 450 euro. Fascia bassa per la categoria degli LCD e plasma, medio-alta per i “vecchi” tubi catodici.


Bene: si arriva a 36 rate, interessi zero (insomma, ne ho già parlato del TAEG…), con inizio del pagamento a metà 2007, sui 180 giorni quindi. Oh, ma ci rendiamo conto? Stiamo parlando di 12 euro e mezzo mensili, con gli interessi circa 14, e per i primi sei mesi, niente. Praticamente ti tirano dietro la roba, purchè tu compri. Come fanno i distributori e i punti vendita a sopravvivere? Certo, parte dei fornitori viene regolata tramite le garanzie bancarie. Banche che, poi, calcolano comunque di avere il loro bel tornaconto grazie alla gestione dei servizi di finanziamento. Il prodotto tecnologico è solo uno dei tanti casi, questa disperata metodologia di vendita è ormai la norma, basti pensare al mercato dell’automobile. Teoricamente, funziona, ma deve andare tutto a buon fine. Fino all’ultima delle rate. Sennò, si rimane a livello virtuale. Il sistema, però, è al collasso, e si avvicina sempre di più il punto di rottura.


Punto di rottura che si presenterà quando le famiglie, in numero sempre maggiore, saranno costrette a tagliare. Abbiamo già superato la soglia, a questo proposito. Per la prima volta dagli anni ’50 è stato intaccato, come allocazione di spesa, il paniere dei beni alimentari. Insomma, pasta finchè si vuole, ma i filetti cominciano a rimanere sui banconi. Perfino in occasione delle grandi feste. Abbiamo cominciato a stare attenti a cosa compriamo da mangiare, ma l’ultimo cellulare, guai a toccarlo, eh. Quando, impossibilitati a sostenere le piccole – ma messe tutte insieme neanche tanto – rate del superfluo, gli italiani cominceranno a vedere gli ufficiali giudiziari che si riprendono i televisori, le automobili, gli elettrodomestici, penseranno di assistere a una scena vista mille volte nei film americani. Chissà, però, se si sentiranno fighi come in quelle realtà virtuali, tra cui la nostra raccapricciante televisione, che avevano cercato di imitare completamente rincoglioniti di pubblicità e “superpromozioni”. E chissà come ne usciranno i venditori e gli enti di finanziamento. Buon 2007, ci sarà da divertirsi.




Pensiero del giorno:
“Sento che hanno una paura sproporzionata”
(Qui-Gon Jinn, “The Phantom Menace”, 1999)

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Get Up (I Feel Like Being A) Sex Machine


Spero solo che nell'aldilà delle icone soul&blues, John, che grazie a lui aveva visto la luce, stia aspettando James con una bottiglia di Jack.

            


Pensiero del giorno:
“Trovo insopportabile la tua mancanza di fede”
(Darth Vader, “A New Hope”, 1977)

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Il mio desiderio



Il Genio dei Desideri mi si è manifestato mentre stavo cercando una birra nel frigo. Il fatto che, contro ogni pronostico, io la avessi trovata, sicuramente era da interpretare come un segno, ma sul momento non ci avevo fatto caso.
Un ulteriore elemento di confusione poteva essere rappresentato dalla forma che il Genio aveva scelto di assumere per palesarsi, ossia quella di un cetriolo di media grandezza, che albergava da diversi giorni sui ripiani bassi, in attesa di una improbabile futura insalata. Sono sempre stato convinto, tuttavia, che elasticità e apertura mentali siano doti fondamentali nell’approcciarsi alle cose che non si conoscono, o che appaiono inspiegabili.
Di conseguenza, se ero stato capace di accettare senza problemi l’evidente straordinarietà del fatto che una Tuborg da sessantasei fosse sopravvissuta intatta alla serata precedente, non vedevo perché avrei dovuto rifiutare a priori l’idea che un cetriolo si animasse e mi parlasse. Chi si rivolge a me con cortesia, parlando un buon italiano privo di accenti, e senza darsi arie di superiorità pur essendo una entità sovrannaturale, mi fa sempre una ottima impressione.
Tra l’altro, avere scelto di apparire nel mondo dei mortali optando per l’aspetto di una verdura tra le più umili, era chiaro indice di senso dell’umorismo, e notevole autoironia. Così, dopo un breve e piacevolmente informale scambio di convenevoli, mi è sembrato naturale invitarlo a sedersi al tavolo per proseguire la conversazione. O meglio, ad accomodarsi nella scodella davanti alla quale ero seduto io.


 


“Beh, Genio, devo dire che non me lo aspettavo.”


“Che io esistessi, o che io fossi un cetriolo?”


“Entrambe, in effetti. Vuoi un po’ di birra? La aprivo comunque, non fare complimenti.”


“Grazie, sì. Ueilà, ma la stappi con l’accendino? Mai stato capace.”


“Evidentemente bevi da meno anni di me. Salute.”


“Alla tua. Allora, immagino che sarai curioso.”


“Più che altro, speranzoso. E’ vero quello che si dice di te?”


“Dipende. Sai come sono le leggende, ognuno racconta la sua.”


“Non ci prendiamo per il culo, su. Intendo quella faccenda dei tre desideri.”


“Me lo chiedono sempre. In realtà, il desiderio che esaudisco è solo uno. Tre sono le volte all’anno che appaio, a persone diverse, in tutto il mondo.”


“Siamo già alla fine di dicembre. A occhio, dovrei essere l’ultimo di questo giro, quindi.”


“Esatto. Sei contento? Non è mica facile che succeda, eh, siete sei miliardi.”


“A dire il vero mi sento un po’ in ansia. Posso ottenere qualsiasi cosa? E’ una bella responsabilità.”


“Qualsiasi cosa, sì. Fai bene a pensarci. Essendo la scelta dell’individuo che beneficerà dei miei poteri completamente casuale, succede spesso che questo dono vada, come dire, sprecato. Sai, può esserci inconsapevolezza, o semplice sfiga.”


“Per esempio?”


“Guarda questo duemilasei. Prima sono capitato da una bambina cinese di tre anni. E insomma, ci ho messo un po’ anche a spiegarle chi ero, e poi piangeva… comunque, per farla breve, adesso ha un panda gigante in giardino.”


“Comincio a capire.”


“Poi è toccata a un ragazzo in America. Era talmente fatto che ho dovuto trasformarmi in una pipa da crack, per lui esisteva solo quella. Prima che gli calasse il down, ha fatto in tempo a dire che gli sarebbe piaciuto vedere Britney Spears senza mutande. E così... beh, li leggi i giornali, no?”


“Cazzo. Mi metti in una posizione difficile. Se tiro fuori una stronzata anch’io, l’umanità intera si sarà giocata un anno di desideri. Ma forse dovrei lasciare ad altri le decisioni epocali. Cristo, non so… ”


“Sbrigati, però. Il tempo sta per scadere. Non serve che me lo dici, basta pensarlo.”


“Ci sono, ci sono quasi, aspetta. Ecco, ecco. Ecco!… fatto.”


“Quello? Ma sei sicuro?”
“Sì.”
“Non ti sembra di aver avuto paura di assumerti responsabilità importanti?”
“Fatti i cazzi tuoi. Apro l’altra birra, ok?”


 


 


Pensiero del giorno: “Era vero, da un certo punto di vista.”
(Obi-Wan Kenobi, “Return Of The Jedi”, 1983)

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Cosa resterà


Anno 3156, poco a nord di quella che una volta era la località di Mountain View (San Jose), contea di Santa Clara, California.


 

Le due creature, dopo aver ispezionato l’area, si fermano. Con movimenti lenti e impacciati dei tentacoli, a causa delle pesanti tute ambientali, procedono all’installazione dei rilevatori e delle interfacce neurali. Inserite le sonde ad autocarotaggio nel ghiaccio, in attesa che i sensori arrivino alla profondità prevista, dove si trova la superficie del pianeta, una delle due si rivolge all’altra.


 

(tradotto dal sistema di comunicazione in uso nel sistema di Alpha Centauri)

 

“Sembra che ci siamo. Speriamo di aver interpretato bene i calcoli.”

“I segnali sono deboli, ma coerenti. Il centro di tutto era qui.”

“Come fai a esserne così sicuro? La rete di collegamenti che abbiamo rilevato ricopriva l’intero pianeta, ma non è attiva da almeno un migliaio di rivoluzioni della piccola stella gialla di questo sistema.”


“La scansione sub-atomica ne ha tracciato chiaramente i residui di energia, però. E la triangolazione dei loro percorsi identifica questa posizione come il nodo primario.”


“Avremo una, due possibilità al massimo, ricordalo. Quando ci saremo collegati, l’analisi disperderà rapidamente la carica delle particelle, o quello che ne rimane.”


“Anche se i dati interpretabili saranno pochi, sarà sempre meglio di niente. Basta che le traccie energetiche rimangano aggregate il tempo necessario affinchè l’elaboratore le trasformi in codici. Poi, forse, finalmente sapremo.”


“E’ affascinante, vero? Non conosciamo nulla di questa civiltà perduta, e quelle che stiamo per recuperare saranno le prime e ultime informazioni che avremo. Il reparto scientifico studierà gli scenari possibili per chissà quanto, dopo.”


“Aspetta. Ecco, i sensori hanno stabilito un contatto!”

“Attivo l’interfaccia. Confermo, rilevamento positivo.”

“L’elaboratore è collegato. Inizializzazione dell’analisi in corso.”

“C’è un flusso! Ripeto, c’è un flusso! Abbiamo dei dati! Passare a… ”

“No. Collegamento interrotto. Energia residua disgregata.”

“E’ finita, dunque. Siamo riusciti ad avere qualcosa?”

“Qualcosa, sì. Aspetto la decodifica.”

“Guarda! C’è un primo segnale ricostruito. Cosa significa?”

“L’elaboratore lo interpreta come la designazione del nodo primario. Non è detto che abbia un significato, può essere un nome. Il termine è ‘GOOGLE’.”


“Le designazioni servono a poco. C’è altro?”

“Un momento ancora… ecco. Pare che una sequenza di dati fosse presente in misura preponderante nel nodo, in questo ‘GOOGLE’, insomma. E’ la sola che abbiamo potuto estrapolare, tutto il resto è perso.”


“Beh, se è così, l’informazione sarà rilevante. Decodifica?”

“Quasi completata.”

“…”

“…”

“Allora? Cosa dice??”

“…”

“…”

“ENLARGE YOUR PENIS.” 

 




Pensiero del giorno: “Non troverai mai un covo di feccia e di malvagità peggiore di questo.”

(Obi-Wan Kenobi, “A New Hope”, 1977)

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Conversare con il proprio blog

“Ciao, settantasette.”
“Aaargh! Chi cazzo è? Che succede?”
“Stai calmo, torna a sederti. Sono il tuo blog.”
“Eh?!? Cos’è, uno scherzo? Un altro bug di splinder?”
“Lascia stare, tasto dolente, quello. Te l’ho detto, sono il tuo blog.”
“Ma… com’è possibile? Tu mi stai parlando!”
“No, imbecille. Ti sto scrivendo, non vedi?”
“Così, attraverso l’editor per postare?”
“Perché, tu come ti rapporti con me, di solito?”
“Ah… ok, suppongo che abbia senso. Non capisco, però.”
“Non capisci un sacco di cose, se è per questo.”
“Vabbè, ma insomma… cosa vuoi?”
“Dopo un certo periodo, mi sembrava giusto fare conoscenza.”
“Se lo dici tu.  Mi hai fatto venire un colpo, eh.”
“Inoltre, ci sono alcune cosette da chiarire.”
“Lo immaginavo. Ti sento un po’ ostile.”
“Ostile, non esageriamo. Infastidito, ecco.”
“Infastidito? Cosa c’è che non va?”
“Beh, tanto per cominciare, scrivi senza la minima regolarità.”
“Ciccio, guarda che sei un passatempo. Ti aggiorno quando ne ho voglia.”
“Non chiamarmi ciccio. Mi hai abbandonato da aprile a settembre. Stavo per chiedere di te al blog di ‘Chi l’ha visto?’. E poi, non è solo quello. Non c’è coerenza.”
“Cosa?”
“Alterni riflessioni su temi di un certo spessore al puro cazzeggio. Così, a caso.”
“Senti, cic… ehm, cioè, sei una pagina personale. Non allargarti troppo.”
“Lo so cosa sono. E’ che mi hai infarcito, in egual misura, di argomentazioni condivisibili e minchiate strepitose. Non ho un’identità. Ti sembra bello?”
“Che palle. Il blog con i disturbi dissociativi della personalità.”
“Vorrei vedere te, al mio posto. Immagina se non fossi tu a decidere come vestirti la mattina, e ti ritrovassi un giorno in giacca e cravatta, un altro con il costume da pagliaccio, e avanti così. Eccheccazzo.”
“Oh, datti una calmata, però. Guarda che poteva andarti molto peggio.”
“Per esempio?”
“Pensa se ero una sedicenne fashion, e ti riempivo di stronzate scritte con i font glitterosi e luccicanti. Con i cuoricini e gli animaletti rosa. E le foto di Justin Timberlake e Tiziano Ferro. E le kappa e le faccine. E… ”
“Aaargh! Basta! Va bene, va bene, non rompo più.”
“Su, cerca di essere positivo. Qualche soddisfazione c’è anche stata, no?”
“Beh, in effetti… ”
“A me puoi dirlo. Lo so che ti è piaciuto, questa settimana, quando hai avuto milletrecento visite uniche in un giorno, e si è fritto lo shinystat.”
“Ecco, adesso mi fai sentire in colpa per essere saltato su così.”
“Ma no, non è il caso, è giusto che tu ti esprima se per te è importante. Anzi, sai cosa? Facciamo un patto.”
“Dimmi.”
“Comportati bene, e come regalo di Natale ti trasferisco su wordpress. Vuoi?”
“Ti amo, mio Creatore.”
Sì, ma adesso non fare la checca. Sparisci, che devo pubblicare il post.


 
Pensiero del giorno: Io sono tuo padre
(Darth Vader, “The Empire Strikes Back”, 1980)

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Caccia al tunisino un paio di palle



Gli editoriali di oggi, sulla maggior parte dei quotidiani nazionali, evidenziano - grazie forse alle ultime briciole di deontologia professionale raschiate dal fondo del barile - quanto fosse stato affrettato, ieri, gridare al mostro. Orrenda strage di donne e bambini (Erba, vicino a Como), più pregiudicato straniero irreperibile, e giù tutti, inquirenti compresi, ad avventarsi sulla soluzione maggiormente sensazionalistica dell'addizione.
Fin qui, almeno nel merito, niente da dire. A parte, chiaramente, la clamorosa figura di merda a livello investigativo e giornalistico. Ma l'errore ci può sempre stare. La cosa insopportabile, invece, sono stati i toni con i quali è stata data in pasto al pubblico la bufala. E qui, al contrario, la responsabilità è tanta, soprattutto per l'uso strumentale e doloso delle parole.
Non serve essere dei geni della semantica, o aver studiato elementi di logica e retorica, per capire il messaggio “urlato tra le righe” dei titoli e degli articoli (on-line e su carta) di ieri. Le ovvietà demagogiche si assimilano al volo, sono fatte apposta.

“CACCIA AL TUNISINO”, era il più gettonato. Perfetto, giusto per catturare l'attenzione. Occhiello più diffuso: “IMMIGRATO, SCARCERATO GRAZIE ALL'INDULTO, RICERCATO ecc. ecc.”.
Tunisino? E allora? Caccia all'
uomo, scrivi, piuttosto. Ci tieni a essere preciso? Puntualizza nell'articolo che il ricercato è di nazionalità tunisina. Immigrato? C'è bisogno di specificarlo? E' chiaro, visto che non è italiano. Non sarà mica per il fatto che il riflesso condizionato del lettore associa la parola "clandestino" alla parola "immigrato", ottenendo così il velo di dubbio e illegalità che si cercava? E poi la ciliegina finale: "scarcerato grazie all'indulto". Senza precisare i reati precedenti (in questo caso patteggiamento per possesso di droga, nessuna violenza), ma strepitando che il sospettato è "fuori grazie all'indulto". E allora? Se era in libertà per buona condotta, cambiava qualcosa? A parte il minore impatto emotivo sul senso di indignazione civile del perbenista medio, intendo.
Qualche dettaglio non verificabile, tipo vaghe voci (raccolte tra le comari del vicinato, si suppone) su presunti "episodi precedenti di violenza verso la convivente", inserito nel pezzo, e il mostro è servito. Ad uso e consumo dei simpaticoni col fazzoletto verde, e dei beceri a loro assimilabili. Che scuoteranno i testoni, nei baretti di paese, confermandosi a vicenda che “così non si può andare avanti” e che riguardo a “quella gente” bisogna fare qualcosa. Sono d'accordo con loro. Penso all'ordine dei giornalisti, però.




Pensiero del giorno:“Scuse accettate”
(Darth Vader, “The Empire Strikes Back”, 1980)

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Sedici nomi


Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Lorsini, Pietro Dendena, Carlo Galani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Vittorio Mocchi, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silvia, Attilio Valè, Gerolamo Papetti.

Nessun colpevole. Tanta, tanta merda nel frattempo, però.

Pensiero del giorno: “Percepisci, non pensare”
(Obi-Wan Kenobi, “A New Hope”, 1977)

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Cartolina di Natale


Così, tanto per rinfrescare un pò la memoria.






























Pensiero del giorno: “Fantastico, ragazzo. Colpo da maestro!”
(Han Solo, “A New Hope”, 1977)

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Dieci dubbi e dieci certezze



Dieci dubbi


1) Temo che questo Governo mi faccia pentire di averlo votato.
2) Non so se farmi un altro caffè.
3) E' giusto provare repulsione fisica per Vittorio Feltri?
4) La prima sigaretta della mattina è la più buona?
5) Chissà perchè Laura Pausini vende tanto in sudamerica.
6) Stando in piedi, Giuliano Ferrara riesce a vedersi il cazzo senza specchio?
7) Non sono sicuro che ci meritiamo il nostro benessere.
8) Capitan Findus era un omosessuale pedofilo?
9)  Forse sarebbe stato meglio non andare a pogare sotto il palco dei Muse a Bologna, sabato.
10) C'è davvero qualcuno che beve il gin-tonic come aperitivo?

Dieci certezze

1) Piuttosto che il figlio di puttana mafioso, va bene anche Belzebù.
2) Entro le dieci di mattina, i caffè non sono mai troppi.
3) Chi legge Libero è pericoloso come chi ci scrive.
4) Se mi tolgono la sigaretta con il caffè divento pericoloso anch'io.
5) In sudamerica devono avere dei cantautori pop veramente scarsi.
6) Ai grossi maiali sudati spesso vengono gli infarti del miocardio.
7) In un paio di generazioni, il terzo mondo farà un mazzo così a noi culi pallidi.
8) Uno che va in barca circondato da bambini biondi vestiti da marinaretti dà da pensare.
9) Se i Muse piazzano un altro paio di album a questo livello, gli U2 possono scomparire.
10) La Duchessa di York, madre di Elisabetta II d'Inghilterra, si faceva otto gin-tonic al giorno, ed ha vissuto fino a 101 anni.


Pensiero del giorno: "Se mi abbatti, diverrò più forte di quanto tu possa immaginare"
(Obi-Wan Kenobi, "A New Hope", 1977)

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Indovinello: qual è la differenza?


Lele Mora


Jabba the Hutt


Dunque: all'apparenza, nessuna.

Trattasi in entrambi i casi di viscide larve informi, palesemente sovrappeso, notoriamente dedite ad attività al limite del lecito, e circondate da una adorante corte di esseri grotteschi.
Dovendo proprio scegliere, però, almeno il buon vecchio Jabba ai suoi piedi si tiene una Carrie "Princess Leia" Fisher niente male, invece di due ripugnanti e sottomessi manichini plasticati.
Che la Forza se li inculi tutti quanti.
Loro, e il sistema tv-spettacolo che gli permette di esistere.



Pensiero del giorno: "Peggio di così non poteva andare"
(Han Solo, "Return Of The Jedi", 1983)

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Chi ha paura del Grande Fratello?



La privacy. Bella parola, suona bene. I dati sensibili. Accidenti, bisognerà farci attenzione. Guai a maneggiarli con imprudenza, va a finire che si irritano. Per forza, sono così sensibili, poverini. Ci vuole come minimo un'autorizzazione, per averci a che fare. Tutti d'accordo, su questo. Perchè non voglio che chiunque possa sapere gli affaracci miei, dove vado, cosa faccio, come uso internet, quanti soldi ho e come li spendo, a chi telefono e cosa gli dico. Eccheccazzo.
Vero, sacrosanto, da condividere e sbandierare.
Se si parla dei rapporti tra privati, però. Cittadini, aziende, associazioni. Persone fisiche e giuridiche che dall'accesso alle informazioni sugli altri, particolarmente riguardo al reddito e ai consumi, potrebbero trarre vantaggio in termini di marketing, di gestione degli affari, di influenza sui rapporti personali.
Fin qui, tutto bene.
Mi starebbe immensamente sulle palle che banche, imprese, assicurazioni, chiunque desideri vendermi qualcosa o propormi come utilizzare denaro e tempo libero potesse sapere in anticipo i miei gusti, le mie risorse finanziarie, addirittura il mio stato di salute. Che si arrangino da soli a definire il target della loro attività economica, decidendo se includermi o meno tra i potenziali clienti.

Quando si tratta delle istituzioni, però, la faccenda è un pò diversa. In particolare, parlando dell'aspetto economico e finanziario. La doverosa premessa, non così scontata come sembra, è che si deve trattare di uno Stato democratico, nell'ambito del quale le libertà civili e di opinione vengano considerate assolute e inviolabili, il garantismo sia inattaccabile, i diritti dell'individuo e l'uguaglianza davanti alla legge siano i principi della convivenza e dei rapporti tra privato e pubblico.
Si potrebbe sicuramente fare meglio, ma leggendo la Costituzione e conoscendo a sufficienza il Codice Civile e quello Penale, credo si possa dire che - almeno in teoria - in Italia ci siamo abbastanza. Gli strumenti istituzionali e giuridici sono lì, e sono potenti, basterebbe avere la voglia e la capacità di usarli e applicarli. Non serve fare rivoluzioni.

Ed eccoci alla famosa privacy, ai famosi e segretissimi dati personali. Ribadisco, concentriamoci soprattutto sui soldi. Perchè tanto desiderio di riservatezza, tanta voglia di cazzi propri, davanti allo Stato? Perchè tanta paura, per dire, di un eventuale obbligo futuro di eseguire ogni transazione di un minimo rilievo con bancomat e carte di credito? Perchè tanta paura delle intercettazioni telefoniche, perchè tanta resistenza all'idea della trasparenza di movimenti bancari e societari, perchè tanto fastidio davanti alla richiesta di scontrini e ricevute? Chi ha paura di poter essere controllato?

Io, no di sicuro. Come me, chiunque non commetta irregolarità o veri e propri reati, non dovrebbe avere nulla da temere. Un esempio fra tanti: attraverso il telepass si possono conoscere i miei spostamenti? Chi se ne frega. Se queste informazioni rimangono inaccessibili per altri privati (la morosa che mi potrebbe beccare se avessi l'amante in un'altra città, o una casa automobilistica che sapendo quanti chilometri faccio all'anno mi fracasserebbe di pubblicità avendomi inquadrato in una tipologia di cliente), qual'è il problema?
Lo stesso vale per i pagamenti, per le comunicazioni telefoniche, per internet. Quale cazzo è il problema? Che traccino, che ascoltino, che analizzino. Troppe telecamere in giro per la città? E allora? Se non rapino una banca, a me cosa importa?

I problemi, e problemi grossi, se venisse attuato un monitoraggio capillare delle attività (soprattutto economiche) di tutti, non li avrei certo io. Mal che vada, rinuncerei a quei quattro mp3 introvabili che scarico, e me li cercherei su ebay. Ci ho pensato parecchio, ed è davvero l'unica cosa tra l'irregolare e l'illegale che faccio, in assoluto. E sono convinto che anche per la maggioranza della famosa "gente comune" sia così. Pensando invece agli evasori e ai parassiti fiscali grandi e piccoli, ai faccendieri della finanza creativa, ai miserabili in generale che nella segretezza e nell'irrintracciabilità dei loro sporchi affari prosperano e si arricchiscono, o che abusano dei più deboli... beh, se per vederli disintegrati come persone e come categorie, dovessi rinunciare a un album di Pat Metheny, io ci starei. E voi?


Pensiero del Giorno:
"Abbi cura di te. E' quello che sai fare meglio"
(Luke Skywalker, "A New Hope", 1977)


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Il lato nero dei blog


Da appassionato di Star Wars, il concetto di "Lato Oscuro" mi ha sempre affascinato. Giocando a fare un pò di blogrolling, però, mi sono imbattuto in cose che francamente fanno paura. E che più che "oscure", sono decisamente "nere". E' interessante che a certe realtà si possa agevolmente accedere senza impostare chissà quali terribili chiavi di ricerca su google, ma semplicemente seguendo un paio di link. Nel mio caso, e fa pensare, partendo da un innocuo sito di attivisti cattolici. Altro che sei gradi di separazione: in due click, dalla trascrizione con lode dell'ultimo discorso di B16, si arriva a questo.




Il sito in questione - bolognaanticomunista.blogspot.com, non lo linko direttamente, temo che il template mi si possa autodistruggere per il fastidio - altro non è che una specie di archivio di notizie copincollate online, con una predilezione per i più beceri editoriali di lapadania.com e ilgiornale.it. Non è mia intenzione sputtanare o deridere gli autori, compito retorico che lascio a loro stessi, ma riflettere su quello che la assoluta libertà di espressione offerta dalla rete e dai blog fa emergere.
Da dietro una tastiera, non si ha paura di nulla. Il relativo anonimato di un post consente di lasciarsi andare, più o meno senza limiti, all'esternazione del meglio e del peggio di se stessi. Siamo passati da "in vino veritas" a "in blog veritas". In tutto, la politica è solo un esempio.
 
Questo permette di osservare una comunità virtuale che rappresenta, estremizzandola, quella che ci circonda tutti i giorni. Nel tuo intimo ti senti fascista, razzista, comunista, integralista di una religione a scelta? E non avrai mai il coraggio di sbandierarlo troppo esplicitamente nella vita reale? Allora vai, metti su il tuo bel blog, e strepiti felice le tue idee, per eccessive o pericolose che possano essere.
Dentro di te ti senti una gran zoccola diciottenne (indifferenti il tuo sesso e la tua età)? Nessun problema, ti crei il tuo bel personaggio on-line, e avanti senza preoccupazioni a scrivere qualunque cosa la tua fantasia partorisca. E via delirando.
Vale tutto, insomma. Sono pure convinto che sia liberatorio. Anzi, vista la diffusione del fenomeno, probabilmente è stato proprio soddisfatto un bisogno psicologico.

C'è un particolare, però, tanto scontato da venire spesso dimenticato: i blog mica si creano da soli. Anche dietro le cose più raccapriccianti ideologicamente o deviate sessualmente, c'è sempre qualcuno che un giorno si è messo lì, ha registrato l'account, e si è fatto il suo folle angolo di cybermondo. Tanto, i vicini di casa, i colleghi di lavoro, i compagni di studi, non sapranno mai che è proprio lui o lei.

Ma lui o lei esistono, ci sono, fanno la stessa vita di chiunque altro. Sicuramente, per molti è solo un gioco. Per altrettanti, temo si tratti dell'autentica espressione di come sono nell'intimo.
E se con maialina87, pazienza se è un bancario cinquantenne, ci convivo tranquillamente, il fatto che realpedolover, naziboy e jihadnow possano prendere l'autobus con me mi inquieta non poco.


Pensiero del giorno: "Avverto il conflitto che è in te"
(Luke Skywalker, "Return Of The Jedi", 1983)


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La nonnina calibro nove



Quando il grottesco supera il tragico, non rimane che tentare di riderci sopra.
Avendo letto questa notizia, riguardo alla quale il buon vecchio dellefragilicose ha già provveduto a fare le dovute e inquietanti riflessioni che la vicenda richiede, e nel rispetto del dramma che si è effettivamente consumato... oh, non posso fare a meno di immaginarne gli involontari e irresistibili risvolti comici.

"Sai, sono un pò giù. E' morta mia nonna."
"Oh, mi dispiace. Quanti anni aveva?"
"Novantadue."
"Beh, dai, è una bella età. Si sarà spenta serenamente. E' stata una malattia, o solo la vecchiaia?"
"No, conflitto a fuoco con gli sbirri. Ne ha tirati giù tre, però, prima che la seccassero."


Pensiero del giorno: "Quando 900 anni di età avrai, bello non sembrerai."
(Yoda, "Return Of The Jedi", 1983)

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Go ahead, make my day


(Harry Callahan, "Sudden Impact", 1983. Linea di dialogo memorabile, orribilmente tradotta nell'adattamento italiota con "coraggio, fatti ammazzare").



Allora, premetto che adoro Clint Eastwood, e le bullate anni '70 in cui si esibiva assieme ai fidi compagni Smith & Wesson. La sua interpretazione del deliziosamente trucido, reazionario e violento Callahan è diventata così iconica che da quella volta, per antonomasia, l'Ispettore è lui, altro che quel frocetto franco/belga di Poirot, o peggio il mangiacrauti dall'occhio bovino Derrick. Figo, e basta.

Però, cazzo, è cinema. CINEMA. Tra l'altro, pure nella finzione cinematografica, ai cattivoni il buon vecchio "Dirty" Harry gli sparava in faccia, e con gran gusto. Poi capita di leggere notizie come questa, e non è la prima volta che succede.  Tanti ci sono ormai abituati, e non ci fanno più caso. Anzi, molti tra i benpensanti più ripugnantemente destrorsi e giustizialisti stapperanno il prosecchino, nei loro merdosi baretti-bene delle cittadine-bene, insieme alle mogliettine/morosette-bene con le cofane fresche di parrucchiere-bene, e i tailleurini-bene, sotto le gonne dei quali le loro inutili fighette-bene invecchiano e avvizziscono. Alè, uno zingaro in meno, che non si può girare più, e ti entrano anche in casa.

Premessa numero due: i giostrai nomadi, e la loro cultura del furto come tradizione, mi stanno così potentemente sui coglioni da rivaleggiare, quanto al mix di odio-fastidio procurato, con le merdine-bene di cui sopra. E credo che basti.
Ma non è sufficiente per ammazzarli sparandogli alle spalle mentre scappano. Non a meno che tu, agente di polizia municipale del cazzo, non sia stato aggredito o, al limite, ti sia sentito in pericolo. Passavi di lì per caso. Hai intimato l'alt (qualificandoti, si spera). Scappano? Chiama i colleghi, inseguili, segnala la macchina. Ma se non hai abbastanza autocontrollo da spararli in aria, i due colpi, la pistola te la metti nel culo.

Che poi me lo vedo, il vigiletto, che passeggia - fuori servizio - con la beretta nella cintura, e si sente proprio come Callahan. Dove andavi, coglione, a prendere la fidanzata? A fare la spesa? E ti porti l'arma di ordinanza infilata sotto il giubbotto? Significa che non vedevi l'ora di usarla, significa. O magari, quando andate a farvi l'aperitivo-bene in centro, la morosetta/mogliettina-bene si bagna tutta, per l'eccitazione di andare in giro con il suo armato eroe. Se non c'è un motivo valido, il vezzo da sborone (tendente al pericoloso) di portarsi a spasso un'arma da fuoco così, per fare, solo perchè puoi, è una stronzata ingiustificabile.
Se ti piace tanto Clint Eastwood, guardati il DVD. Ma ricordati che i rappresentanti delle forze dell'ordine, seri e preparati, che tutelano i cittadini nel rispetto di sicurezza e legalità, sono ben altra cosa. E di loro ho il massimo rispetto.
I pistoleri del cazzo, invece, non li metto al di sopra dei ladri del cazzo a cui sparano.

Pensiero del giorno: "Mi minacciate, Maestro Jedi?"
(Darth Sidious, "Revenge Of The Sith", 2005)

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Lo Stato ideale / 3



Aggiorno, grazie agli ottimi suggerimenti di Irrisolto, Sioux, Marco e all'ispirazione di greenwich, le integrazioni al codice penale che sarebbe doveroso applicare in uno "Stato ideale". Le liste precedenti di reati e pene sono qui e qui. Andiamo quindi a trattare dei delitti di:

Apposizione di orecchiette al casco
(pena: partecipazione da co-protagonista, insieme ad un grizzly addestrato quale soggetto attivo, alle riprese di una dettagliata ricostruzione filmata di National Geographic sull'accoppiamento dei plantigradi. Così capisci quanto è simpatico l'orsetto ricchione.)

Apposizione di pupazzetti che si illuminano al cellulare
(pena: un mese, vestito da pupazzetto idiota e luminoso, da passare incatenato ad una cabina telefonica. Così, tanto per metterti nei suoi panni.)

Mancata depilazione dell'inguine
(reato tipicamente femminile. Pena: dopo depilazione forzata, condimento di insalata con la risultanza e consumo della stessa. Così, tanto per farti capire quanto fastidio danno i peli in bocca.)

Invito in trasmissione del prof. Meluzzi
(pena: un anno di analisi, obbligatoria e quotidiana, con il prof. Meluzzi. Dietro pressione di Amnesty International, al condannato sarà consentito utilizzare tappi per le orecchie. Vedere ogni giorno Meluzzi è già abbastanza crudele, doverlo stare a sentire sarebbe troppo.)

Graffito murale con la frase "io e te tre metri sopra il cielo"
(pena: scrittura con bomboletta, sulla parete di ottocento metri quadrati di un capannone industriale dismesso, dell'intera sceneggiatura originale di "Apocalypse Now", versione estesa. In stampatello.)

Apposizione di girasole finto sulla bocchetta dell'aria dell'auto o sul porta-oggetti posteriore
(pena: un anno di utilizzo obbligatorio, come mezzo di locomozione quotidiano, del carro risultato vincitore all'ultimo carnevale di Viareggio. Così, giusto perchè ti piacciono tanto i ninnoli di cattivo gusto, e ti piace tanto farli vedere.)

Utilizzo eccessivo e molesto di profumo dozzinale
(pena: un anno di lavori forzati presso un'azienda di idrospurghi, senza la possibilità di lavarsi o deodorarsi. Aggravante: se sei un uomo, le sere doppi turni alla Galbani, nel reparto di stagionatura del gorgonzola.)

Appropriazione indebita e prepotente di parcheggio
(pena: per un anno, ogni giorno vai in città, parcheggi sulle strisce pedonali, e chiami il vigile più vicino facendogli notare che in giro ci sono degli stronzi veramente maleducati. Poi gli indichi la tua auto.)

Richiesta aggressiva di cambio in spiccioli per prelievo del carrello della spesa
(pena: per un anno, lavoro forzato allo scarico dei bancali di acqua minerale dai camion della Coop. A mano.)

Parcheggio ingombrante, detto anche "tre posti per una macchina"
(pena: ogni giorno, per un mese, scendi in garage - perchè ce l'hai, vero? - , prendi le chiavi, e ti righi la macchina da solo.)


Pensiero del giorno: "Beh, se funziona..."
(Anakin Skywalker, "Attack Of The Clones", 2002)


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Lo Stato ideale / 2



Nel mio Stato ideale, il codice penale dovrebbe prevedere numerosi reati - che osservo commettere quotidianamente - riguardo ai quali l'attuale vuoto legislativo è scandaloso.
Il progetto di riforma, la cui prima parte è qui, prosegue con la trattazione dei gravissimi delitti di:

Ennesimo calendario da zoccola
(pena: un anno come lap-dancer in un night di periferia, zona industriale, frequentato da camionisti ubriachi e maneschi, con cui devi essere carina. Aggravante: dichiarare che sono foto artistiche, con pena aumentata a dieci anni. Perché va bene essere zoccola, ma prendere per il culo no.)

Uso reiterato del vocabolo “attimino”
(pena: obbligo di esprimersi per un anno esclusivamente mediante citazioni di Pirandello, anche quando ordini un caffè o commenti la partita.)

Scrocco continuativo di sigaretta
(pena: due anni di lavori forzati come addetto alla manutenzione dei distributori automatici della città. Perché esistono, e sono tanti, eh.)

Potentissimo stereo in macchina a scopi esibizionistici
(pena: un anno come responsabile qualità della Pioneer, con l’obbligo di testare i nuovi woofer preamplificati. A tutto volume, in uno sgabuzzino. Alla fine, apparecchio amplifon gratuito per facilitare il reinserimento nella società.)

Richiesta di saltare la fila alla cassa della Coop “perché tanto ho solo due yogurt”
(pena: per due anni, possibilità di fare la spesa solo all’autogrill sulla Milano-Torino, alle otto del lunedì mattina, facendo lo scontrino alla cassa dei caffè. Dopo che l’hanno fatto tutti i clienti presenti.)



Acquisto di un libro di Melissa P.
(pena: lettura del libro di Melissa P. Tutto. Ad alta voce.)



Decorazione di cagnolino con fiocchetti intonati alla borsetta
(pena: un anno di lavori forzati al centro di addestramento dei pitbull da combattimento. Come addetta alla pulizia delle gabbie. Con i pitbull dentro, ovviamente.)



Utilizzo aggressivo del clacson in fila al semaforo
(pena: sei mesi di guida in città, ora di punta, al volante di una macchina dotata di una centralina programmata per farti spegnere il motore due volte consecutive ad ogni partenza. Ai semafori più trafficati, tre volte.)



Vittimismo molesto
(pena: due anni in una comunità di recupero per maniaci depressivi dove tutti sono convinti di stare malissimo, hanno bisogno di ricostruire se stessi, cercano qualcuno che li ascolti, pensano che nessuno li capisca, e se non ci fossi tu non saprebbero come fare.)



Adorazione del suono della propria voce
(pena: un anno di partecipazione quotidiana ad accesissimi dibattiti su temi scottanti, in cui hai davvero ragione da vendere, senza poter avere l’ultima parola. Mai, per legge.)



Pettegolezzo maligno
(pena: due anni di ascolto continuativo,  presso un salone di parrucchiere per signora, di qualunque cosa venga raccontata. Con l’obbligo di verbalizzare per iscritto tutto. Tutto, parola per parola. A mano.)



Perbenismo bigotto ed ipocrita
(pena: tre anni da assistente di scena sul set dei film hard. Come fluffer. Anche se sei maschio. Aggravante: utilizzo e diffusione di luoghi comuni razzisti e denigratori verso gli ambulanti di colore. In questo caso, la pena verrà scontata sul set  della fortunata serie “All Black Gang Bang”, protagonista Abdul “Three Legs” Mutombo.)



Pretesa sistematica di sconti sul prezzo di qualunque cosa o prestazione
(pena: un anno di acquisti obbligati presso un centro commerciale pieno di offerte speciali e svendite. Ma dove a te, e solo perché sei tu, ed in via del tutto eccezionale, e perché si può pure fare uno strappo alle regole ogni tanto, viene applicato il “prendi due, paghi tre”. Con fattura non scaricabile.)



Ammirazione ed invidia esplicite per protagonisti di reality-show
(pena: partecipazione al nuovo programma dal titolo “Worker Survival”. Dieci concorrenti, per sei mesi, vengono prelevati ogni mattina alle cinque da spietati caporali, ed inviati a fare turni di dodici ore consecutive presso cantieri abusivi, fabbriche non a norma per le leggi sulla sicurezza, discariche illegali di rifiuti tossici. Senza equipaggiamento anti-infortunistico. Alla fine, quelli che sono riusciti a non precipitare da un ponteggio, a non finire stritolati sotto una pressa, e a non contrarre serissime patologie croniche, vincono un co.co.pro. di un anno come addetti alla pulizia dei cessi degli studi Mediaset di Cologno Monzese.)



 



Pensiero del giorno: "Ho portato pace, libertà, giustizia e sicurezza nel mio nuovo Impero"
(Anakin Skywalker, "Revenge Of The Sith", 2005)







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Raccontino nero


(sottotitolo: il biondo, lo smilzo, il ciccio)




Il biondo correva. Correva veloce, con l’energia che viene dalla paura. Nel fianco un dolore pulsante, la gamba dei jeans intrisa di sangue. Finchè le fitte non cominciano a togliere il respiro. Meglio fermarsi un attimo, ecco, ormai sono lontano, mi appoggio qui e chiamo qualcuno. Porcocazzo, ma perché non riesco a sbloccare la tastiera, non vedo più tanto bene, ho freddo, dai merda che è facile, invio più asterisco, cazzo cazzo che male, invio più asterisco, gli occhi si chiudono, invio più asterisco, ho come sonno, invio più ast…



Non se l’aspettava, ma non te l'aspetti mai, a pensarci bene. Fino a poco prima, era andato tutto come sempre: le telefonate, ci si vede al baretto, sì la avviso io la Vale, no non serve che prendi la vespa tanto c’è il Giangi con la macchina. C’è da fare, stasera, finire gli striscioni che domani la partita è importante, sistemare le bandiere, organizzare la coreografia con gli altri.
Si era vestito, con più attenzione del solito. Sicuramente, la Vale certe cose le avebbe notate. Borchie a posto, anfibi lucidi, giubbotto verde, maglietta nera nuova. Peccato per quella degli Slayer che si era ingrigita, ma pazienza. Nulla dura in eterno. I capelli, comunque, perfetti. Un centimetro scarso, con basetta abbondante. “Il biondo”, lo avevano sempre chiamato. Ma perché ti rasi così che eri tanto bello, e quei tatuaggi con le croci cosa vogliono dire, mamma basta non scassarmi la minchia. Che figo, aveva pensato guardandosi allo specchio. Mi ti farei, fratello.
Solo che il Giangi e la Vale erano un attimo tardi. E bevi uno, bevi due, aspettando, e lo vedi così chiaramente il muro appena oltre la strada. Bianco, pulito, alto due metri, lungo fino all’infinito. La bomboletta nella tasca interna sembra che dica “cosa cazzo mi hai portato a fare, eh?”, e allora in testa una o due cose da scrivere ti vengono, che poi qui dalla sopraelevata si vede benissimo.
E in un attimo sei lì, attento alla grafia e al tratto, pensando a quanti, nei prossimi giorni, leggeranno cosa ne pensi di quei negri schifosi che stonano così tanto nella tua bella città. Scritta lunga, lettere grandi, niente da discutere. Il concetto è chiaro. Ti senti bene, come chi ha fatto il suo dovere. Mancava giusto il trattino della
a finale, per completare l’opera.
“Lavavetri di merda”.



“Lavavetri di merda”. Gli mancava giusto il trattino della a finale, a quel fascio bastardo, per guadagnarsi la serata. Và che non dicevo mica cazzate, quando insistevo che la zona est della sopraelevata andava controllata spesso. E tutti i compagni a dire no, non ha senso andare in giro a far casino, pensiamo alle iniziative al centro, c’è sempre pericolo che arrivino gli sbirri per lo sgombero.
Ma a questi stronzetti di quartiere bisognerà pure dargli una regolata, dico. Cioè, non è che posso vedere una cosa simile, e far finta di niente. Rasato di merda. Pensa te che passavo per caso, stasera, che dopo c’ho da chiudere un affarone al parco.
Dai tempi delle medie, mi chiamano “lo smilzo”, perché in effetti non ho mai avuto ‘sto gran fisico. L’importante, però, è essere veloci, e non esitare, mica essere grossi. Specialmente se usi la lama e non le mani. Kefiah sulla faccia, vabbè che è buio ma sai mai che ti veda qualcuno, ti avvicini piano, il coglioncello è ancora lì che spruzza. Solo negli ultimi metri uno scatto veloce, e gli arrivi alle spalle. Un gesto rapido, aiutato dalla spinta della corsa, il flash dell’acciaio, ed è fatto il lavoro.
Non grida, cadendo di lato. Un singhiozzo stupito, piuttosto. Poi rotola e si rialza, il respiro veloce e ansimante, e scappa. Urta il muro, quasi inciampa, e corre e corre e corre. Vai, vai, che non ti trattengo mica. Il ricamino di ricordo te l’ho fatto, e voglio proprio vedere se ripassi da queste parti. A cancellare la scritta ci si penserà più avanti. Magari, basta tirare una bella riga su “lavavetri”, e scriverci sopra “fasci”. Scontato, ma va sempre bene.
E adesso una birretta me la sono meritata.



Eccolo lì, che si fa la sua birra. Come sempre. Tra poco, partirà per il giretto serale al parco. Ma lo becchiamo prima, perché lo smilzo stavolta ha proprio rotto i coglioni. Per la solita maria c’è mica problema, che si facesse tranquillo i cazzi suoi, però quando entra in gioco la neve si muovono i piani alti. E vai di autorizzazioni, di carte e dossier e magistrati, e ascoltagli le chiamate, e stagli dietro a turno, finchè non sei sicuro che ce l’ha addosso, così seghi anche lo stronzo che gliela compra.
Ciccio, sei in posizione? Sì, a posto da questo lato. Allora vai tu appena esce, quando vediamo che ti muovi partiamo anche noi. Mi raccomando, niente cazzate.
“Ciccio”. Pure alla radio, durante gli appostamenti. Ma vaffanculo, maresciallo, faccio l’operativo sul campo da anni, e ancora mi chiami così. Da ragazzino ero un po’ abbondante, d’accordo, e i soprannomi ti rimangono appiccicati addosso, però quando lavoro mi sta sulle palle. No, perché poi appena sbagli qualcosa sui rapporti e sui verbali ti fanno un culo così, che sei un pubblico ufficiale e le formalità sono importanti. Nome numero e grado stocazzo, la prossima informativa gliela firmo “Ciccio”, poi vediamo se continua.
Ah, eccolo che va. Forza, chiudiamola in fretta ‘sta storia. Mano sulla spalla, distintivo in vista, pistola fuori ma con la sicura. Documenti, per favore, è solo un controllo.
La spinta arriva all’improvviso, un colpo forte che fa perdere l’equilibrio. Stronzo, che stronzo che sono, mai andare troppo vicino a questi fattoni comunisti, non si sa come reagiscono. E adesso è andato, sta scappando, dove sono i colleghi?
Alt, fermo, sento la voce dell’appuntato, quello giovane, colpo in aria, smilzo ma che cazzo fai con quel coltello, un altro colpo, la puzza di cordite è proprio uguale a quella dei petardi di capodanno. E lui è giù, immobile, e l’appuntato lo fissa con la pistola in mano, e arrivano di corsa gli altri. Che casino, che casino, quanto sangue, lo smilzo non si muove. Non si muove più, ed è colpa mia che non l'ho fermato prima. Questo sarà un casino grosso.
Tanto per cominciare, me lo scordo il permesso. Ho capito maresciallo, mi dispiace. Come minimo, il servizio allo stadio te lo spari tu per tutto il mese, così le domeniche te le fotti. A partire da domani. Ci vai tu a coordinare la celere, in curva con quegli skin di merda. Ma come si fa a farsi coglionare così.
Fanculo, smilzo.



Week-end di sangue, titolava il giornale del lunedì. Tre morti ammazzati in due giorni. Il degrado e la violenza nelle periferie sono fuori controllo, la città deve reagire, conferenza stampa del Questore. Dopo l’ultrà accoltellato sabato sera, spentosi in ospedale, e uno spacciatore pregiudicato ucciso nella notte mentre cercava di sfuggire all’arresto, tragedia allo stadio. La protesta di un gruppo di tifosi della squadra di casa, una frangia di estrema destra, che manifestavano per l’omicidio del loro esponente avvenuto la sera precedente, degenera in violentissimi scontri con le forze dell’ordine. Un carabiniere scelto che coordinava il reparto della celere, colpito durante una carica, rimane a terra. Inutili i tentativi di rianimazione e la disperata corsa in ambulanza. Sarà purtroppo difficile, data la confusione, identificare i responsabili.


Il ragazzo nero, che comunque l'italiano lo leggeva con difficoltà, scosse la testa e appoggiò il giornale per terra, sedendocisi sopra. Non aveva capito proprio bene le notizie della prima pagina, sembrava che fossero successi un pò di casini, ma tanto succedono ogni volta. Tra poco sarebbe stata l'ora di punta, e oggi il semaforo della sopraelevata toccava a lui. Guardò su verso la luce che diventava da gialla a rossa, e si alzò avvicinandosi alla prima macchina. Però quella scritta sul muro, laggiù, gli dava fastidio. Perchè ce la devono sempre avere con noi, pensò, prendendo dal secchio la spazzola per i vetri. Pazienza, và, mettiamoci al lavoro.
Speriamo almeno che oggi non piova.





Pensiero del giorno: “Ho una bella notizia da darvi. La guerra è cominciata.”
(Lord Tyranus, “Attack Of The Clones”, 2002)


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And the winner is...


C'è poco da fare, l'indagine ha prodotto un risultato tanto sorprendente quanto inequivocabile. E va accettato, per grottesco o spiazzante che possa sembrare riflettendoci a mente fredda. Andiamo con ordine.

Come è noto, nel caso in cui un gruppo di maschi stimabile in 6-7 soggetti, di età oscillante intorno ai 35 anni, si trovi a trascorrere la serata sufficientemente lontano dal gruppo di femmine a loro riferibili, e nelle immediate vicinanze di una o più spine di birra, la conversazione avrà un'evoluzione assolutamente scontata. Qualunque sia stato l'argomento di partenza, che spesso è la politica, l'attualità o il lavoro, discusso anche animatamente, e con eloquio notevole per espressività e abilità retoriche, i punti di arrivo, complici diversi litri di gradite bevande, sono inevitabilmente gli stessi.
La figa, o il calcio.
Stranamente, l'una o l'altro, mai entrambi. Come se perfino le limitate capacità intellettive del maschio mediamente sbronzo lo facessero rendere conto, inconsciamente, che si tratta di materie appassionanti ma tra loro inconciliabili, anche a livello teorico. Fin qui, comunque, nulla di nuovo.

Ciò che mi ha dato da pensare è stato l'esito dell'ultimo di questi scambi di opinioni, al quale io e una decina di birre abbiamo partecipato con entusiasmo. Stavolta, la chiusura della serata toccava all'argomento figa (presente, passata e - difficilmente - futura), con tutta l'aneddotica becero-sessuale standard annessa. Colti da trip nostalgico-rievocatorio, si è finiti a cercare di ricordare e identificare l'origine di tutto, il primissimo turbamento, il big-bang degli ormoni, l'elemento scatenante e primigenio di stagioni intere di diligenti pippette, in particolare a livello visivo.

Via via, andando all'indietro nel tempo, sono uscite dai cassetti più polverosi della fantasia erotica autentiche icone della gnocca cinematografica, letteraria e televisiva. Dalla cedevole spallina, e conseguente saluto alle folle del capezzolo destro, di Patsy Kensit a Sanremo, passando per Tinì Cansino e Lory Del Santo (la prima punto di riferimento per le tette, la seconda per il culo) ai tempi del primo "Drive In", senza dimenticare, al cinema, la lodevole disinvoltura delle giovani Edwige Fenech e Gloria Guida. Si è arrivati così all'inizio degli anni '80. Praticamente, poco più che bambini. Come tali, a quei felici e pionieristici tempi, completamente rapiti dalla grande novità dell'epoca: i cartoni giapponesi.
Ed eccola lì. A distanza di 25 anni, emerge trionfante, spazzando via con facilità assoluta robottoni e astronavi, indimenticabile per l'impatto avuto all'epoca, e sorprendentemente intrigante ancora oggi.

FUJIKO MINE.

Fujiko Mine, dalla seconda stagione italiana chiamata Margot Mine, co-protagonista del fortunatissimo cult-anime dedicato alle avventure di Lupin III.
Semplicemente inarrivabile, pazzesca. Passare di botto, televisivamente, da Gatto Silvestro alle tette di Fujiko, così, senza preavviso... son cose che segnano, a quell'età. Considerando poi che la divertentissima serie abbondava di sequenze e immagini maliziose, di cui riporto un esempio (tratto, fra l'altro, da un episodio diretto da Miyazaki, il Kubrick degli anime, per intenderci)
, la conclusione del sondaggio è stata univoca.
Per tutti noi, è stata lei l'inizio.
Con sottile e alcolica ironia, durante il micidiale giro della staffa, è stato insinuato che più di qualcuno "se la farebbe ancora adesso", probabilmente senza rendersi conto dei surreali sottintesi metafisici di una affermazione del genere (parzialmente esplorati solamente in "Chi ha incastrato Roger Rabbit?", ma senza andare nei dettagli).
Il pensiero che mi è rimasto in testa, però, è un altro. Riuscirò ad andare avanti, a portarmi dentro questa consapevolezza? Ci riusciremo, a livello generazionale?
Perchè è dura, eh.
E' dura rendersi conto che l'immaginario erotico di tuo nonno ha avuto come spunto Rita Hayworth, quello di tuo padre Brigitte Bardot, e il tuo un cartone animato.

Pensiero del giorno: "Complimenti, hai fatto il primo passo in un mondo più vasto."
(Obi-Wan Kenobi, "A New Hope", 1977)


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Venti cose belle da sentirsi dire / 2


- ho portato le brioches calde.

- mi presti una tua maglietta? Non ho nient'altro per dormire.

- l'economica è in overbooking, la sistemo in business.

- gradisce un aperitivo, mentre le preparo il tavolo?

- no no, per farti assaggiare questo ti cambio il bicchiere.

- metti via quel portafoglio, non ci pensare nemmeno.

- dai un'occhiata. Secondo te, con questa che è stretta lo metto o no il reggiseno?

- tenga pure l'accappatoio, e ci faccia buona pubblicità.

- nessun problema, è ancora in garanzia.

- sì, sto andando via. Un attimo che la sposto, e può parcheggiare lei.

- nel suo prossimo film Jessica Alba fa una scena lesbo con Rhianna.

- è morto Tiziano Ferro.

- vabbè chiudergli il giornale, a Feltri, ma non ti sembra che abbiano esagerato a metterlo in galera?

- tranquillo, è tutto a posto, mi sono venute stamattina.

- lavo io i piatti.

- hai visto che hanno beccato Calderoli e Borghezio a letto con un trans di colore?

- io e la mia amica ci siamo dimenticate il costume...ti dispiace se facciamo un tuffo lo stesso?

- oddio, ma cosa mi stai facendo fare! Devo essere pazza...

- fuma pure le mie, ho un altro pacchetto.

- che brutta fine che ha fatto Giuliano Ferrara, però. Nessuno si merita una cosa simile.


(le altre venti cose belle da sentirsi dire sono qui)

Pensiero del giorno: "Se non sei con me, sei mio nemico"
(Anakin Skywalker, "Revenge Of The Sith", 2005)

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Dio, che fighe



Hanno un'età pure loro, è vero. Non si sono rifatte le tette, c'è qualche ruga. Ma per un misto di  fascino del personaggio, imprinting ideologico, nonchè  dovuta  e  sacrosanta deferenza intellettuale, trovo che Milena  e Bianca vadano inserite di diritto nella categoria dei sogni ambulanti.
Dio, che fighe.
(E vaffanculo a veline, letterine, pupe e troiette decerebrate in genere.)


Pensiero del giorno: "Il nostro cammino è sempre sottoposto alla costante minaccia della seduzione del male. Perduto è colui che, sopraffatto dall'ira e dalla paura, si rifugia nell'abisso del lato oscuro. Tuttavia, credo che una sana chiavata non rappresenti un pericolo per un Maestro Jedi."
(Luke Skywalker, QUI , 2006)

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Ganja Republic


Beh, a questo punto un Parlamentare della Repubblica su tre mi sta assai più simpatico. Trovo inoltre la Camera dei Deputati molto più rappresentativa del paese reale, il che è sicuramente un bene. E comincio a capire, soprattutto, come ha fatto a venire fuori una finanziaria così.


Pensiero del giorno: "L'ho sempre saputo"
(Leia Organa, "Return Of The Jedi", 1983)

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Up-to-date sarai tu, stronza



Oh, starò invecchiando io, ma non pensavo di dover litigare delle ore con commesse assortite solo per ottenere un paio di jeans normali. Un cazzo di paio di jeans normali. Ovvero: dritti, nè stretti nè larghi, blu, con la vita dell'altezza giusta. Se avessi voluto i pantaloni di pitone rosa, li avrei trovati più facilmente.



Negozio qualunque:
"Posso aiutarla?"
"Sì, signorina, grazie, cercavo un paio di jeans classici."
"Ha già visto qualcosa che le piace?"
"Eh, no, sono tutti troppo originali e accessoriati. Volevo qualcosa di semplice."
"Ah, ho capito. Ecco qua, questi dovrebbero andarle bene. Belli, no?"
(tira fuori ed esibisce con orgoglio un qualcosa pieno di strisce smacchiate, aloni beige, con vita a fil di pisello, cavallo rasoterra, e scritte sospette sul didietro)
"Mmmh... troppo moderni, eccessivi, come dire. Non è che..."
"Eh??? Eccessivi? Se sono un classico, li portano tutti!"
"Sì ma io ho 36 anni, e queste sono cose da adolescenti. Voglio dire che..."
"Ma che c'entra! La moda è moda! Si deve stare al passo coi tempi, no? Bisogna sapersi mantenere giovani, essere up-to-date, il look è fondamentale!"
(brutta troia, questo è un colpo basso. E le anglofonie fescion ficcatele nel culo)
"Bè ma i gusti son gusti, cosa devo dirle, non so, i Levi's 501, tipo, quelli standard, non li avete?"
"Oh no (schifata), non li teniamo più da anni, non vanno. Ma ci ripensi su questi, sono i più semplici, e poi sono in offerta."
"Ah...e quanto verrebbero?"
"Solo...(pausa, sguardo trionfante) 160 euro!!!! Invece che 190!!! Incredibile, no?"
"Arrivederci."



Cristo, alla fine i 501 modello vecchio li ho trovati, però. Negozietto per pensionati, 68 euro. Presi tre, non si sa mai. La prossima settimana dovrò vedere di un paio di scarpe invernali. Spero che le Timberland esistano ancora.



Pensiero del giorno: "Sterminateli subito. Tutti quanti."
(Darth Sidious, "The Phantom Menace", 1999)


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Il mondo, pian piano, migliora



Da stamattina, una persona violenta, intollerante, retrograda e piena di odio, ha smesso per sempre di sputare veleno.
Nel dispiacermi formalmente di quello che è un avvenimento triste per definizione, ossia la morte, sento che l'onestà e la coerenza intellettuali mi impongono di mandare potentemente a fare in culo questa persona, dovunque sia o stia andando in questo momento.
Buon viaggio, Oriana.



Pensiero del giorno: "E' contorto, malvagio."
(Obi-Wan Kenobi, "Return Of The Jedi", 1983)



 

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Schede contestate



La campagna elettorale del 1986, al Liceo Scientifico Statale N. Copernico, era stata durissima. La scuola contava circa 500 studenti, chiamati alle urne quell'anno per eleggere i propri rappresentanti al consiglio d'istituto. Si affrontavano, mettendo in atto strategie propagandistiche aggressive e senza esclusione di colpi bassi, due liste diametralmente opposte a livello ideologico e programmatico. La prima, capeggiata dal candidato De Santis della quarta B, si sarebbe potuta definire "di sinistra", o progressista. Il leader della coalizione, infatti, era noto a compagni e professori come un anticonformista un pò ribelle, il quale, a fronte di un rendimento scolastico più che sufficiente, poteva vantare una delle più notevoli collezioni di note disciplinari mai attribuite ad un singolo alunno. Tali provvedimenti, conseguenza di innumerevoli episodi di arroganza, ritardi, danneggiamenti e disprezzo dell'autorità, venivano dal De Santis orgogliosamente sbandierati durante i comizi come prova delle sue capacità di opporsi ai "poteri forti", che a suo dire opprimevano la libertà degli studenti. Questa scelta strategica, unita al fatto che il candidato era unanimemente riconosciuto come un'autentico artista nel disegno murale di genitali ambosessi sulle piastrelle dei bagni, era dotato di invidiatissimi status-symbol quali vespa ET-3 Primavera e chiodo, e fumava da anni - offrendo volentieri - MS ma non solo, faceva ritenere che la sua lista godesse dei favori del pronostico. Questo, perlomeno, secondo i sondaggi ufficiosi che circolavano a ricreazione, e durante le fumose riunioni di partito che si tenevano nei cessi e in fondo al cortile.


La lista rivale, capeggiata dalla candidata Franceschini della quinta F, non era meno agguerrita. Ideologicamente la candidata si sarebbe potuta definire "di destra", o conservatrice, essendo una delle allieve con la media  migliore del liceo, sicuramente destinata ai 60/sessantesimi in sede di maturità, e mai si era posta in conflitto con l'autorità del corpo insegnante. Questo essere, oggettivamente, un pò secchiona, avrebbe dovuto costituire uno svantaggio incolmabile in termini di popolarità, ma non era l'unica cosa per cui la capolista era nota nell'istituto. La Franceschini, infatti, oltre che di una riconosciuta avvenenza generica, era dotata di un paio di tette strepitose, tali da aver dato adito, durante le ore di scienze, ad accese discussioni sull'effettivo valore della legge di gravitazione universale di Newton. Queste peculiarità fisiche, unite ad una robusta fama di esperta limonatrice nonchè liberale dispensatrice di petting spinto, compensavano in termini di consenso lo scarso appeal del conformismo programmatico illustrato durante i comizi dalla candidata, la quale, ad ogni buon conto, si presentava all'elettorato vestita e truccata come una pornodiva. 


La situazione era dunque caratterizzata dall'incertezza, ed i toni accesi del dibattito portarono ad un'affluenza al voto senza precedenti. Durante gli ultimi giorni di campagna elettorale, infatti, i due leader avevano messo in atto ogni tipo di espediente utile ad aggiudicarsi la preferenza degli indecisi, il De Santis offrendo intere stecche di sigarette durante gli intervalli, e promettendo la realizzazione di opere mirabolanti per iperrealismo ginecologico su qualunque superficie istoriabile della scuola; la Franceschini spingendo al limite dell'oltraggio al pudore il suo già abitualmente succinto abbigliamento, stimolando così nell'elettorato maschile fantasie inedite per il liceale medio, e promettendo a quello femminile ripetizioni gratuite di qualunque materia, sesso orale compreso, nonchè la garanzia del passaggio delle soluzioni durante i compiti in classe. Lo spoglio delle schede richiese un giorno intero, e man mano che ci si avvicinava ai risultati definitivi il vantaggio teorico con cui era partito il candidato progressista andò riducendosi, fino a far balenare per i sostenitori della candidata conservatrice l'ipotesi di un insperato pareggio, se non di una clamorosa affermazione contro pronostico.


Il confronto si giocò in sede istituzionale, ossia il seggio allestito in bidelleria, dove una commissione di studenti-scrutatori era chiamata alla valutazione definitiva di qualche decina di schede contestate. Le discussioni furono feroci, ed i punti di vista spesso inconciliabili, anche se supportati da argomentazioni valide. Ad esempio, davanti a numerosi foglietti recanti la scritta "Franceschini troia pompinara", c'era chi sosteneva che, a prescindere dagli epiteti, la cui connotazione negativa era tra l'altro da dimostrare, il nome indicato era inequivocabile, ed il voto le andava attribuito come valido. Altri controbattevano che le valutazioni così espresse sulle abitudini sessuali della candidata indicavano un'evidente disistima nei confronti della stessa, e che quindi il voto andava annullato, se non addirittura attribuito al rivale. Altri ancora si limitavano a constatare che tali forme di espressione dell'opinione popolare corrispondevano al vero nè più nè meno di quelle trovate su altri voti messi in discussione, come "De Santis frocio drogato". Costretta ad ammettere la situazione di stallo, la commissione si recò in cerca dei due leader per tentare di proporre un accordo bipartisan, onde evitare una pericolosa fase di vuoto rappresentativo che avrebbe senz'altro nuociuto all'intera comunità studentesca.


Ed ecco il clamoroso colpo di scena: irreperibili per tutta la giornata, De Santis e la Franceschini vennero sorpresi a pomeriggio inoltrato negli spogliatoi dietro alla palestra, intenti lei a sparargli tre metri di lingua in bocca, lui a verificare con entrambe le mani la consistenza politica dell'avversaria. Era così nata la Grande Coalizione, attraverso il più letterale degli inciuci.


Pensiero del giorno: "Vittuoria!"
(Nute Gunray, "The Phantom Menace", 1999)      
       

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