Raccontino nero


(sottotitolo: il biondo, lo smilzo, il ciccio)




Il biondo correva. Correva veloce, con l’energia che viene dalla paura. Nel fianco un dolore pulsante, la gamba dei jeans intrisa di sangue. Finchè le fitte non cominciano a togliere il respiro. Meglio fermarsi un attimo, ecco, ormai sono lontano, mi appoggio qui e chiamo qualcuno. Porcocazzo, ma perché non riesco a sbloccare la tastiera, non vedo più tanto bene, ho freddo, dai merda che è facile, invio più asterisco, cazzo cazzo che male, invio più asterisco, gli occhi si chiudono, invio più asterisco, ho come sonno, invio più ast…



Non se l’aspettava, ma non te l'aspetti mai, a pensarci bene. Fino a poco prima, era andato tutto come sempre: le telefonate, ci si vede al baretto, sì la avviso io la Vale, no non serve che prendi la vespa tanto c’è il Giangi con la macchina. C’è da fare, stasera, finire gli striscioni che domani la partita è importante, sistemare le bandiere, organizzare la coreografia con gli altri.
Si era vestito, con più attenzione del solito. Sicuramente, la Vale certe cose le avebbe notate. Borchie a posto, anfibi lucidi, giubbotto verde, maglietta nera nuova. Peccato per quella degli Slayer che si era ingrigita, ma pazienza. Nulla dura in eterno. I capelli, comunque, perfetti. Un centimetro scarso, con basetta abbondante. “Il biondo”, lo avevano sempre chiamato. Ma perché ti rasi così che eri tanto bello, e quei tatuaggi con le croci cosa vogliono dire, mamma basta non scassarmi la minchia. Che figo, aveva pensato guardandosi allo specchio. Mi ti farei, fratello.
Solo che il Giangi e la Vale erano un attimo tardi. E bevi uno, bevi due, aspettando, e lo vedi così chiaramente il muro appena oltre la strada. Bianco, pulito, alto due metri, lungo fino all’infinito. La bomboletta nella tasca interna sembra che dica “cosa cazzo mi hai portato a fare, eh?”, e allora in testa una o due cose da scrivere ti vengono, che poi qui dalla sopraelevata si vede benissimo.
E in un attimo sei lì, attento alla grafia e al tratto, pensando a quanti, nei prossimi giorni, leggeranno cosa ne pensi di quei negri schifosi che stonano così tanto nella tua bella città. Scritta lunga, lettere grandi, niente da discutere. Il concetto è chiaro. Ti senti bene, come chi ha fatto il suo dovere. Mancava giusto il trattino della
a finale, per completare l’opera.
“Lavavetri di merda”.



“Lavavetri di merda”. Gli mancava giusto il trattino della a finale, a quel fascio bastardo, per guadagnarsi la serata. Và che non dicevo mica cazzate, quando insistevo che la zona est della sopraelevata andava controllata spesso. E tutti i compagni a dire no, non ha senso andare in giro a far casino, pensiamo alle iniziative al centro, c’è sempre pericolo che arrivino gli sbirri per lo sgombero.
Ma a questi stronzetti di quartiere bisognerà pure dargli una regolata, dico. Cioè, non è che posso vedere una cosa simile, e far finta di niente. Rasato di merda. Pensa te che passavo per caso, stasera, che dopo c’ho da chiudere un affarone al parco.
Dai tempi delle medie, mi chiamano “lo smilzo”, perché in effetti non ho mai avuto ‘sto gran fisico. L’importante, però, è essere veloci, e non esitare, mica essere grossi. Specialmente se usi la lama e non le mani. Kefiah sulla faccia, vabbè che è buio ma sai mai che ti veda qualcuno, ti avvicini piano, il coglioncello è ancora lì che spruzza. Solo negli ultimi metri uno scatto veloce, e gli arrivi alle spalle. Un gesto rapido, aiutato dalla spinta della corsa, il flash dell’acciaio, ed è fatto il lavoro.
Non grida, cadendo di lato. Un singhiozzo stupito, piuttosto. Poi rotola e si rialza, il respiro veloce e ansimante, e scappa. Urta il muro, quasi inciampa, e corre e corre e corre. Vai, vai, che non ti trattengo mica. Il ricamino di ricordo te l’ho fatto, e voglio proprio vedere se ripassi da queste parti. A cancellare la scritta ci si penserà più avanti. Magari, basta tirare una bella riga su “lavavetri”, e scriverci sopra “fasci”. Scontato, ma va sempre bene.
E adesso una birretta me la sono meritata.



Eccolo lì, che si fa la sua birra. Come sempre. Tra poco, partirà per il giretto serale al parco. Ma lo becchiamo prima, perché lo smilzo stavolta ha proprio rotto i coglioni. Per la solita maria c’è mica problema, che si facesse tranquillo i cazzi suoi, però quando entra in gioco la neve si muovono i piani alti. E vai di autorizzazioni, di carte e dossier e magistrati, e ascoltagli le chiamate, e stagli dietro a turno, finchè non sei sicuro che ce l’ha addosso, così seghi anche lo stronzo che gliela compra.
Ciccio, sei in posizione? Sì, a posto da questo lato. Allora vai tu appena esce, quando vediamo che ti muovi partiamo anche noi. Mi raccomando, niente cazzate.
“Ciccio”. Pure alla radio, durante gli appostamenti. Ma vaffanculo, maresciallo, faccio l’operativo sul campo da anni, e ancora mi chiami così. Da ragazzino ero un po’ abbondante, d’accordo, e i soprannomi ti rimangono appiccicati addosso, però quando lavoro mi sta sulle palle. No, perché poi appena sbagli qualcosa sui rapporti e sui verbali ti fanno un culo così, che sei un pubblico ufficiale e le formalità sono importanti. Nome numero e grado stocazzo, la prossima informativa gliela firmo “Ciccio”, poi vediamo se continua.
Ah, eccolo che va. Forza, chiudiamola in fretta ‘sta storia. Mano sulla spalla, distintivo in vista, pistola fuori ma con la sicura. Documenti, per favore, è solo un controllo.
La spinta arriva all’improvviso, un colpo forte che fa perdere l’equilibrio. Stronzo, che stronzo che sono, mai andare troppo vicino a questi fattoni comunisti, non si sa come reagiscono. E adesso è andato, sta scappando, dove sono i colleghi?
Alt, fermo, sento la voce dell’appuntato, quello giovane, colpo in aria, smilzo ma che cazzo fai con quel coltello, un altro colpo, la puzza di cordite è proprio uguale a quella dei petardi di capodanno. E lui è giù, immobile, e l’appuntato lo fissa con la pistola in mano, e arrivano di corsa gli altri. Che casino, che casino, quanto sangue, lo smilzo non si muove. Non si muove più, ed è colpa mia che non l'ho fermato prima. Questo sarà un casino grosso.
Tanto per cominciare, me lo scordo il permesso. Ho capito maresciallo, mi dispiace. Come minimo, il servizio allo stadio te lo spari tu per tutto il mese, così le domeniche te le fotti. A partire da domani. Ci vai tu a coordinare la celere, in curva con quegli skin di merda. Ma come si fa a farsi coglionare così.
Fanculo, smilzo.



Week-end di sangue, titolava il giornale del lunedì. Tre morti ammazzati in due giorni. Il degrado e la violenza nelle periferie sono fuori controllo, la città deve reagire, conferenza stampa del Questore. Dopo l’ultrà accoltellato sabato sera, spentosi in ospedale, e uno spacciatore pregiudicato ucciso nella notte mentre cercava di sfuggire all’arresto, tragedia allo stadio. La protesta di un gruppo di tifosi della squadra di casa, una frangia di estrema destra, che manifestavano per l’omicidio del loro esponente avvenuto la sera precedente, degenera in violentissimi scontri con le forze dell’ordine. Un carabiniere scelto che coordinava il reparto della celere, colpito durante una carica, rimane a terra. Inutili i tentativi di rianimazione e la disperata corsa in ambulanza. Sarà purtroppo difficile, data la confusione, identificare i responsabili.


Il ragazzo nero, che comunque l'italiano lo leggeva con difficoltà, scosse la testa e appoggiò il giornale per terra, sedendocisi sopra. Non aveva capito proprio bene le notizie della prima pagina, sembrava che fossero successi un pò di casini, ma tanto succedono ogni volta. Tra poco sarebbe stata l'ora di punta, e oggi il semaforo della sopraelevata toccava a lui. Guardò su verso la luce che diventava da gialla a rossa, e si alzò avvicinandosi alla prima macchina. Però quella scritta sul muro, laggiù, gli dava fastidio. Perchè ce la devono sempre avere con noi, pensò, prendendo dal secchio la spazzola per i vetri. Pazienza, và, mettiamoci al lavoro.
Speriamo almeno che oggi non piova.





Pensiero del giorno: “Ho una bella notizia da darvi. La guerra è cominciata.”
(Lord Tyranus, “Attack Of The Clones”, 2002)


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5 Responses to Raccontino nero

  1. Irrisolto says:

    Molto carino.

    Veramente.

    Intreccio alla Pulp Ficion e Lock & Stock.

    Bello pure il finale.

    Complimenti...

  2. Irrisolto says:

    ...mi sono scordato una "T" in fiction, lì sopra... :)

  3. settantasette says:

    @Irrisolto: lunga vita e prosperità.

    ;-)

  4. Javert says:

    Bello, leggibile e coinvolgente.

    Bravo

  5. settantasette says:

    @Javert: grazie, davvero.

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