Microeconomia


L’immobilismo assoluto in fatto di abbigliamento – che condivido con i personaggi dei fumetti tipo Dylan Dog – consente di ritrovarsi periodicamente, più o meno ogni vent’anni, dotati di un guardaroba all’ultimo grido. Tralasciando poi l’indubbio vantaggio di una scelta mattutina dei vestiti rapidissima e automatica, che da buon vetero-maschilista quale sono ritengo essere un gap tattico-strategico in mio favore assolutamente incolmabile da qualsivoglia donzella. In effetti, l’unico problema è convincere chi mi frequenta abitualmente del fatto che mi faccio la doccia ogni giorno e indosso cose fresche di bucato: il trucco è semplicemente possedere come minimo sette-otto esemplari perfettamente uguali di ogni jeans, maglietta, pullover e paio di scarpe. A volte devo far vedere l’armadio perché mi credano, annusarmi non gli basta.


La cosa interessante, però, è che acquistare da una vita gli stessi identici capi mi fornisce un punto di vista privilegiato sull’andamento dei prezzi, che spesso sfugge a tutti quelli che seguono le tendenze e cambiano look ogni stagione. Prendiamo i  miei amati Levi’s 501: non credo che a livello di produzione di pantaloni quanto viene il petrolio al barile, o la bolla finanziaria, c’entrino granchè. Ne compro due paia all’anno dal 1988. Costavano 50 mila lire. All’inizio dei ’90, eravamo sulle 60 mila. E via via così, praticamente seguendo l’istat, fino alle 80-90 mila lire del 2001. Adesso, pezzo di stronzo di commerciante del cazzo, mi chiedi 90 euro. Il doppio in sette anni. Spiegamelo, il perché. Spiegamelo, e non tentare di coglionarmi con le finte svendite e gli sconti-speciali-solo-per-questo-periodo. Il doppio, cristodiundio.

Spero che qualcuno di questi teste di minchia di negozianti mi legga, qualcuno di quelli che convinti di essere le volpi del secolo hanno spremuto il limone finchè potevano. Forse capirebbero perché i saldi sono andati a puttane, capirebbero perché quest’anno molti non hanno comprato nulla, capirebbero che invece di lamentarsi con i comunicati della Confcommercio potevano evitare di fare i furbi. Fottetevi, tutti. Io i soldi ce li avevo, e due o tre cosette potevano servirmi, ma quest’anno non vi ho dato un centesimo. E’ stato molto, molto più divertente passeggiare per Trieste limitandomi a osservare le commesse annoiate che facevano i solitari col cellulare nei locali vuoti, le patetiche vetrine con scritto “sconti pazzi”, e soprattutto la marea di cartelli di “cessazione attività”. Per ognuno di questi ultimi, mi sono premurato di augurare un sorridente e sentito vaffanculo passandoci davanti.

In fin dei conti, la crisi non ha solo aspetti negativi, dai.

Pensiero del giorno: “Trucchi di mente non attacca con me”
(Watto, “The Phantom Menace”, 1999)

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12 Responses to Microeconomia

  1. anonimo says:

    anche io appassionato di levi's 501 non li compro più nuovi da almeno 10 anni, mia madre se specializzata alle pezze americane (mercato dell'usato) taglia 32/33 da 3 a 5 euro

  2. anonimo says:

    beh a trieste xe tropi ladri ;)

  3. anonimo says:

    Fortunato te che riesci a trovare dopo vent'anni le stesse cose.

    Sarà che forse non mi ostino a cercare più di tanto ma capita che mi incaponisca a cercare una cosa - diciamo una gonna con la vita non inguinale - e, se quell'anno NON E' DI MODA, col fischio che la trovo.

    In più, avendo io una taglia un po' particolare che non rientra nei parametri standard S, M, L, la cosa, anche in regime standard, non è così semplice.

    Volendo, ho scoperto, tutto si trova: basta cambiare range di negozio, fare un leasing e miracolosamente appaiono i capi extra long, cut for girl e fatti di stoffe vere, non di filati ricilclati dalla conversione del poliuretano espanso.

    Tanto per dire, una taglia da Gulliver in un negozio di cinesi (nessuna preclusione e - a volte - qualche necessità unita a una perplessa ipocrisia: non voglio pensare alle condizioni in cui lavorano) a me sta appena appena.

    Ma costa 10 euro, a me sta bene tutto perchè sono bella di mio (...) e se il prossimo anno mi sono stufata, la lancio e chissenefrega.

    C'è un fondo di immoralità in questo ragionamento, lo so di mio, ma anche il mio stipendio è immorale e io non sono santamariagoretti.

    In questi primi giorni dell'anno, a parte la striscia di Gaza e dintorni e il ritorno a scuola delle figlie di Obama, il capitolo "saldi" ha funestato su tutti i tg di tutte le reti a tutte le ore.

    E allora, in verità in verità vi dico: spero cha andiate falliti tutti.

    Di questi tempi, vedere un paio di scarpe costare 375 euri è immorale.

    Anche se adesso le trovi da scontare, ben del 20%.

    E 'sti cazzi.

  4. anonimo says:

    ...mi sono dimenticata di firmare, come al solito.

    E ne approfitto per dire un'ultima cosa: non voglio passare per talebana. In genere, passo per una persona equilibrata.

    Ma questo non mi vieta di pensare che se uno fa la coda davanti al negozio per comprare il capo firmato in saldo, questo la dice lunga lunga su come siamo ridotti.


    vicina-di-casa

  5. settantasette says:

    @#2: ottima sintesi :)


    @vicina-di-casa: condivido l'incazzo e la desolazione. Ma stanno già cominciando a prendersela nei denti, di brutto.

    Fra un po', i capi firmati li troveremo alle aste giudiziarie, con tutti quelli che falliscono. Ed è giusto.

  6. fully53 says:

    ...però non ovunque è così.

    Sotto Natale, ancora prima dei saldi, a via Condotti a Roma ho visto gente fare la coda fuori dai negozi di Hermes, LouisVuitton, Gucci, Bulgari, ecc.

  7. settantasette says:

    Eh, Fu (bienvenido, carissimo). Noi qui stiamo all'estremità nord-est dell'impero. Stai a vedere che magari le invasioni barbariche passano prima da noi... ;)

  8. Ossimorosa says:

    Ti consiglierei di proseguire sulla strada del farsi annusare. Può portare piacevoli conseguenze.

    Io sono anni che i jeans li compro al mercato dell'usato: 4 euro al paio.

    E ci porto pure gli abiti che non mi vanno più bene, che con i soldi che ci ricavano -oltre alle spese vive di riscaldamento e cazzi vari- finanziano progetti di solidarietà. Rendiconto chiaro e pulito accessibile a chiunque.

    E porca miseria se si trovano begli abiti!


    Proud to be second hand

  9. Ossimorosa says:

    Cosa essere verdino? Tu a me chiedere dovevi. Io verde del donna sono.

    Eh

  10. settantasette says:

    @Ossy: ottima strategia. Devo andare a dare un'occhiata anch'io, una volta o l'altra.


    (@Ossy-Yoda: verdino essere scelta di più riposante colore per occhi. Inoltre tonalità di banchi di scuola ricorda. Spero tu approva)

  11. anonimo says:

    ahahahah! lo avevi già detto che il tuo non adeguarti alla moda ti portava prima o poi ad essere alla moda. Fantastico concetto

  12. Ossimorosa says:

    I banchi miei erano verde più scuro, molto più scuro.

    Miei, come se la scuole fosse stata tutta mia...

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